Senza un “piano Italia 2030” le elezioni potrebbero finire “tutti al bar”

A margine dell’intervista di Giovanni Floris, Massimo Franco e Massimo Giannini a Matteo Renzi

(Nota su FB, 7 novembre 2017)

Floris ha condotto l’intervista incarnando con tranquillità e competenza molti dubbi e molte critiche degli italiani.
Franco e Giannini hanno affidato più ai toni che agli argomenti la loro posizione di “cani da guardia”, questa sera senza denti.
Sallusti ha abbassato deliberatamente toni e argomenti per tentare di catturare qualche apertura a destra di Renzi, ovvero per portare a casa almeno un titolo per domani (che in verità non ha portato a casa).
Renzi – partendo da una posizione in angolo su quasi tutto (Sicilia, Visco, banche, alzo zero sulla psicologia egocentrica e capricciosa, eccetera) – ha tenuto invece la carreggiata, crescendo nel tempo, associandosi giustamente più alla prospettiva del PD che alla prospettiva personale di governo, dimostrando che è aperta la caccia al recupero dell’astensione per mantenere nel centrosinistra il primato relativo.
Non ha ancora aperto la porta ad alleanze possibili, non ha ancora indovinato una visione costruttiva europea alla Macron (ripetendo la sciocchezza dei “pugni da battere sul tavolo”), non ha ancora messo insieme idee nuove e visione per sostenere la “campagna” più cruciale della sua carriera. Ma ha dimostrato più controllo di altre volte e forse anche consapevolezze più mature. Mentre tutti prevedevano Renzi “disco rotto”, stasera sarebbe stato Di Maio a rischiare di finire nel repertorio dei suoi motivetti.
Ma attenzione, che senza vere idee nuove e senza un “piano Italia 2030” le elezioni potrebbero finire “tutti al bar”.

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