
Nelle foto successive con Georgia Cadenazzi e tra i bambini raccolti nel Centro a Kigali.


Maison Shalom è un’organizzazione non governativa sorta per iniziativa di Marguerite (Maggy) Barankitse nel 1993 in Burundi nel quadro dei disastrosi esiti della guerra civile che ha salvato la vita a migliaia di bambini e negli anni è divenuta – con solidarietà internazionale – un centro esemplare di sostegno alla maternità, all’infanzia e all’educazione attorno a cui da vent’anni una rete di “amici di Maison Shalom” anche in Italia ha partecipato ad un processo di responsabilità estese attorno ai necessari interventi e miglioramenti nel complesso e spesso ancora drammatico contesto africano. Nell’impossibilità di continuare a svolgere il suo mandato in un paese che ha preso una via dittatoriale, intervenendo su diverse realtà in modo autoritario, dal 2015 Maison Shalom ha trasferito il suo programma nel vicino paese Ruanda, nel quale dai paesi vicini si sono trasferite 300 mila persone, di cui 70 mila dichiaratamente in condizioni di rifugiati. L’80% di chi è accolto e protetto nelle strutture riorganizzate da Maggy è appunto costituito da rifugiati burundesi e il 20% da donne e giovani ruandesi in stato di necessità. Grazie al sostegno internazionale e segnatamente europeo Maison Shalom è riuscita a riorganizzare le sue strutture di sostegno medico-psicologico, di educazione prescolare e secondaria, di formazione professionale, dovendo per il momento abbandonare la sua importante struttura sanitaria rimasta inagibile in Burundi. In questi giorni partecipo con Georgia Cadenazzi (noi per la parte italiana) a un incontro a Bruxelles della rete europea che svolge compiti di advisory e di sostegno dell’indomito e coraggioso progetto di Maggy (Premio internazionale ONU Rifugiati) per riflettere sulle strategie prossime e sugli indirizzi internazionali, attorno a cui mi riprometto di informare tutta la mia rete di collegamenti e a fare ancora una volta ogni sforzo possibile perché l’Italia sia allineata agli impegni di sostegno che in primis dal Lussemburgo e dal Belgio ma anche da Svizzera, Germania, Francia, Italia, Spagna, USA e Canada consentono l’attuazione di molte azioni umanitarie, educative e di inserimento nel mercato del lavoro. Sulla questione di diritti umani in Burundi rimane viva la situazione di gravità e di allerta, come qualche tempo fa anche in Italia Maggy Barankitse ha illustrato sia in ambiti legati alla Chiesa Cattolica che davanti alla Commissione diritti umani del Senato della Repubblica, allora presieduta dal sen. Luigi Manconi.