Congedi. Silvia Sereni (1947-2019)

Silvia – negli anni del liceo Carducci a Milano – con il papà,
Vittorio Sereni, nel 1964
(foto Di Ugo Mulas)
Negli anni ‘50 a Bocca di Magra ( nella foto anche la sorella maggiore Pigot, scomparsa nel 1991)

Quando ci si rivede nella vita adulta, a volte molto adulta, con la memoria dell’adolescenza, addirittura dell’infanzia, c’è una speciale indulgenza nei pensieri. Che si muovono più velocemente dei giudizi. 

Leggo questa mattina un ricordo di Silvia Sereni su Repubblica, di un suo collega ai tempi della redazione culturale di Epoca, che ebbe una stagione importante tra i magazines italiani. E poi leggo in rete  frammenti di stupore e affetto di altri, con cui Silvia ha lavorato. Un comune rimpianto per quel  garbo, quella riservatezza, quel sorriso sereno (come il suo cognome) e interiore. 

Quando eravamo al liceo, già ci ritrovavamo affettuosamente attorno alla memoria della nostra infanzia, sulla stessa spiaggia del De Bi Ros di Bocca di Magra, dove qualche famiglia milanese – al traino di Elio e Ginetta Vittorini, di Ernesto Treccani, di Franco Fortini e appunto di Vittorio Sereni, avevano scelto un meraviglioso luogo di pace e di semplicità per ricostruire se stesse e simbolicamente la comunità italiana ritrovata dopo il fascismo, la guerra, gli eventi di prigionia. La mia famiglia (come quella del mio amico di una vita Piero Melodia) era tra quelle. Ricordo indelebile, che Silvia continuò a coltivare perché lì i suoi genitori avevano preso casa (1). 

E quel liceo, il Carducci a Milano, fu teatro di non poche passioni. Per la scrittura, per i temi civili, per cercare di stare dalla parte innovativa della storia, per il gusto di studiare con professori di statura culturale rilevante. Per dare un senso alla nostra milanesita’ che non era solo di luogo e di tempo , ma anche di affinamenti. E poi gli amori giovanili. Prima o poi Silvia scelse il più intellettuale e forse anche il più irrequieto del nostro gruppo, Roberto. Ma da li a poco io mi trasferii a Roma, perdendomi il salto di qualità e di complessità a Milano della vita universitaria e delle prime esperienze di lavoro. Silvia si avviò verso il giornalismo culturale, quell’amore non resse alcune prove della vita, le frequentazioni erano più occasionali, i punti di condivisione erano sempre quelli, in più Silvia mi diceva che io ero sempre quello che la faceva più ridere e io le dicevo che lei era sempre quella che mi faceva parlare più a bassa voce. 

Sposò poi Piero Dorfles, unendo cromosomi di tradizioni letterarie e di famiglie intellettuali. Per mestieri contigui, capitarono contatti, tra Milano e Roma, ogni volta con gioioso ritrovamento. Fino al tempo di quella piccola sbornia di gioia civile che fu ritrovarsi attorno al successo elettorale di Giuliano Pisapia, che ci fece rivedere più volte e anche di recente, ad un piccolo evento in cui mi stupii e mi preoccupai vedendola improvvisamente invecchiata. 

Ho capito questa mattina dall’articolo di Giovanni Pacchiano su Repubblica, che il male che la insidiava era di natura cattiva. Così che viene strappata oggi alla vita, quando ormai non poche volte quel male riesce ad essere contenuto a lungo a una certa età. Era invecchiata, forse. Ma il suo viso con i tratti perfetti restava semplice e solare. Non a caso Giovanni Pacchiano conclude con magnifica sintesi il suo ricordo: “Nella camera ardente il suo visino aveva la purezza di una nobildonna medioevale e lo smarrimento di una bimba”. 

Così la ricordo, tra i volti , i caratteri, le novità e le speranze più simbolici di una generazione, la quale, con questa prematura scomparsa, si colloca, con i difetti dell’umana giustizia, nel chiaroscuro dell’esistenza. 

(1) Proprio a quel luogo, il “posto di vacanza” su cui anche Vittorio Sereni aveva scritto, Silvia ha dedicato nel 2018 i suoi ritratti letterari e intellettuali raccolti in “Un mondo migliore” ( Giunti- Bompiani). Leggerlo sarà anche conoscerla meglio.

6 thoughts on “Congedi. Silvia Sereni (1947-2019)”

  1. Molte grazie Stefano Rolando, chissà se tu ti ricordi di me, io no, ero troppo piccola, forse.
    Sono la sorella minore di Silvia, Giovanna. (La maggiore, Pigot, è la biondina della foto degli anni ’50, anche lei purtroppo stroncata ancora più prematuramente da un tumore nel’91)
    Scrivo per dire che Silvia era del ’47, non del ’48.
    E che si è ammalata quasi 10 anni fa e la malattia ti assicuro era già molto cattiva.
    Non l’ha mai nascosta ma – finché ha potuto – ha impedito che prevalesse sugli altri aspetti della sua vita, con una pazienza e una forza mai ostentate, al punto di poter far pensare che fosse cosa recente.
    Del resto questi suoi modi discreti coincidono col ritratto che ne fece nostro padre quando, alla vigilia del matrimonio con Roberto, (così discreto che non vollero la cerimonia, la festa e nemmeno i regali e i genitori) ) quasi improvvisamente lui si rese conto che Silvia non era più una bambina.

    CRESCITA
    E’ cresciuta in silenzio come l’erba
    come la luce avanti il mezzodì
    la figlia che non piange.

    Oggi non ho avuto tempo di procurarmi l’articolo, se fossero già stati citati questi versi me ne scuso…
    Un caro saluto
    Giovanna

  2. Buongiorno,
    mi chiamo Luigi Alessandro Spina, sono uno scrittore che ha avuto la possibilità, l’onore di conoscere e lavorare con Silvia Sereni.
    Silvia è stata una persona importante nella mia formazione letteraria e ho voluta ricordarla scrivendo questo breve pensiero:

    Apprendo solo oggi della scomparsa di Silvia Sereni. La notizia, oltre a colpirmi profondamente, mi porta a riflettere su quanto diamo per scontato la nostra esistenza. Pensiamo di essere informati, di essere sempre “connessi” con tutti, ma in verità non sappiamo nulla dell’altro. Qualcuno o qualcosa ci ricorda anniversari, compleanni, ti mostra foto del passato, ma nessuno ti avverte se esistiamo più, se viviamo ancora.

    Ho saputo della prematura morte di Silvia quasi casualmente e con tanti, troppi mesi di ritardo. Come i tanti mesi trascorsi dall’ultima volta in cui ci siamo scritti, in occasione della presentazione del mio libro a Milano nel Luglio 2018.

    Silvia è stata la persona che più ha mia spronato a essere lo scrittore che sono oggi. Lei, insieme al mio caro professore d’italiano Giorgio Saviano anche lui prematuramente scomparso, è stato un punto di riferimento nella mia formazione letteraria.

    Era il lontano 2007 quando mi telefonò per la prima volta, presentandosi come editor di una casa editrice di Milano. Ricordo come fosse ieri l’entusiasmo che manifestò verso il mio primo libro, giudicandolo sincero, contemporaneo, coinvolgente e ben scritto. Lei proveniva dalla vecchia scuola Mondadori, conosceva molti autori affermati nel panorama italiano, personalità di alto livello. Io ero un giovane di 28 anni che aveva messo per iscritto la sua rabbia verso il mondo del lavoro trasformandolo in un romanzo. Con i suoi modi delicati e mai invadenti fece quello che dovrebbe fare qualsiasi persona che, inconsapevolmente, riveste il ruolo di guida: mi diede consigli. Consigli di lettura su autori a me sconosciuti che a parer suo possedevano il talento nella penna. Consigli su come interpretare la scrittura senza mai essere invadente <>. Abbiamo lavorato insieme all’editing del primo romanzo in questo modo, con le sue indicazioni puntuali, i suoi “consigli” che potevo semplicemente seguire o non seguire. Fece più volte avanti e indietro tra Milano, luogo in cui viveva, e Roma per incontrarmi, prima che la crisi editoriale bloccò la pubblicazione di “Una verità incompleta”. Mi chiamò un pomeriggio dandomi la brutta notizia, manifestando un dispiacere sincero dicendo che la cosa che più le dava fastidio è che qualcun altro avrebbe pubblicato il mio romanzo, e non lei.

    Non fu così. Il libro non fu mai preso in considerazione da altre case editrici ma uscì anni dopo con il self publishing, nonostante ci fosse la mano di una grande editor italiano.

    Continuammo a sentirci, dopo un buco temporale di anni. Fu una delle prime persone a cui comunicai del mio primo contratto di pubblicazione (quasi 10 anni dopo il nostro primo incontro).

    Risuonano nella mia mente i suoi discorsi sulle variabili che non possiamo controllare, ne prevedere sulle pubblicazioni, sule vendite e sul successo di un libro. Sulla distinzione tra letteratura e i libri d’intrattenimento. Sulle librerie vuote di persone e piene di testi poco validi.

    Era contenta che avessi ripreso a scrivere, a prescindere da quello che era successo. Da quello che sarebbe accaduto.

    In una delle sue email mi disse di non stare molto bene ma, con il suo modo elegante e riservato, sminuì la sua malattia.

    Le inviai “Storia di un viaggio straordinario” e lei lo lesse con piacere, inviandomi una breve e positiva recensione del testo, da cui ho estratto una piccola parte: “Il succedersi di immagini e scenari cangianti, tipici del sogno, a mio parere funzionano, così come funziona la ricostruzione finale che riporta alle dimensioni concrete del percorso esistenziale che viene raccontato. La fine resta aperta però chiude in qualche modo il cerchio, e anche questo è positivo. Molto belle le descrizioni degli animali e dei paesaggi del nord dell’Argentina, segno che dietro esiste un’esperienza vissuta.”

    Era lì quando la informai della firma sul secondo contratto di pubblicazione, felice e pronta a leggere il libro una volta uscito.

    Non abbiamo fatto in tempo, ma sappi che tra le parole che non leggerai mai ci sei anche tu. Come tutte le persone che fanno parte di noi, che compongono le frasi che ogni giorno ripetiamo o i pensieri che facciamo e che non lasciamo uscire.

    Grazie di cuore Silvia, perché senza di te mi sarei fermato al lontano 2007.

    Non avrei mai scoperto chi sono veramente, e non avrei mai scritto un secondo, un terzo, un quarto e un quinto romanzo.

    1. La ringrazio per avere voluto scrivere e mandare questo commento. Che riporterò in evidenza sul mio blog facendo anche un richiamo su Twitter. Posso immaginare il senso culturale e affettivo di quel che racconta. Silvia aveva una grazia relazionale speciale. Che lei ben coglie. Cercherò di seguirla. Con molti auguri per il suo impegno.
      SR

      1. Ringrazio di cuore Luigi Alessandro Spina e Stefano Rolando per le belle parole di stima e affetto per Silvia e per averne condiviso il ricordo.
        Un caro e riconoscente saluto
        Giovanna Sereni

        1. Gentilissimo Stefano Rolando,
          vedo solo ora questo Suo ricordo, e poi le parole di Giovanna Sereni e di Luigi Alessandro Spina. La ringrazio, e ringrazio tutti, perché Silvia è stata anche una mia cara amica: una persona perbene e una donna di penna che sapeva fare molto bene il proprio mestiere.
          Un saluto cordialissimo, Daniela Marcheschi

          1. Ringrazio per il riscontro. Si, Silvia Sereni resta nei pensieri di chi l’ha conosciuta per la sua soave determinatezza. Giusto parlarne.

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