
Un abbraccio a Roberto Villetti, con tante vicende intrecciate soprattutto nella stampa socialista. Anche nelle conversazioni d’occasione, nel partecipare insieme a riunioni ed eventi, sì l’ironia, sì qualche posizione netta ed esclamativa. Ma sempre la stella polare dei tanti, tantissimi socialisti per bene. Colti, ragionanti, moderni. Ti ricorderemo.
Nel 1979 contribuì al mio libro “Caro Avanti! Mille lettere dall’interno del PSI” (tra il Midas e il Congresso di Torino), edito da Marsilio, con una ampia analisi attorno al “diritto di parola” dei lettori di partecipare alla proposta comunicativa dei giornali. Eravamo 16 anni prima dell’era internet.
Scriveva (a quattro mani con Ugo Intini):
“Flebile, al limite dell’inesistente, per la stragrande maggioranza della gente la libertà di accesso alla carta stampata. Fondamentale tuttavia che questo accesso possa realizzarsi e concretizzarsi per il più largo numero di élites e di gruppi. Questa possibilità tuttavia non risolve ovviamente il mito dell’accesso generalizzato: “scrivere” è generalmente un mestiere o un privilegio, se si esclude la corrispondenza privata. L’estensione della qualificazione ha cominciato a far considerare la possibilità di poter avere pubblicati i propri scritti un diritto, che in quanto tale dovrebbe poter trovare gli strumenti a disposizione per poter essere esercitato, ben al di là di un vuoto riconoscimento formale. Rompere i meccanismi di filtraggio di ciò che va pubblicato e di ciò che non va pubblicato è una pretesa emergente nella società civile. Potersi esprimere nel proprio modo e nel proprio linguaggio contraddice i canoni delle grandi fabbriche dell’informazione di massa. Ridurre questa problematica civile alla libertà del giornalista significa opacizzare corporativamente il segno forte, che assume la richiesta di un libero accesso alla carta stampata“.