
Articolo di Paolo Giacomoni.
Le cose americane le conoscete dalla stampa e dalla televisione. Io scrivo queste finestrelle “dalla Merica” per offrire esempi che permettano, per quanto a fatica, di capire quanto gli americani siano diversi da noi.
E permettetemi di prendere le cose un po’ alla lontana.
L’importanza esistenziale degli archetipi si misura anche dallo zelo dei loro detrattori.
Uno degli archetipi fondatori degli Stati Uniti, assieme alla guerra d’indipendenza e la Costituzione, è il gruppo dei Padri Fondatori (Washington, Jefferson, Adams, Franklin, eccetera).
Ma agli occhi del Mosaico Culturale proposto dall’intellighentsija liberal, questi Padri Fondatori hanno il difetto di essere bianchi e di cultura europea (sanno il latino, conoscono la storia greca, eccetera) e bisogna in qualche modo demolirli. Da anni si dice che il Padre della Patria, George Washington, come Jefferson per altro, aveva gli schiavi. E’ un po’ come dire, nella Roma Augustea, che Cincinnato tornava al proprio campicello per sotterrarci l’oro che aveva arraffato mentre era dittatore.
Ma non basta questo fatto, che può essere discusso dicendo che aver gli schiavi era una cosa tipica per i ricchi del Settecento. Bisogna demolire il Padre Fondatore nella sua essenza professionale. E infatti da poco si comincia a dire anche che George Washington è il responsabile di quel proditorio colpo di fucile contro una guarnigione francese che avrebbe dato il fuoco alle polveri della guerra dei sette anni. Come dire che il lungimirante Padre Fondatore, così lungimirante, poi, non lo era.
E, col passar dell’estate e l’arrivo dell’autunno, in ottobre, torna fuori il
mostro del Loch Ness: la lotta per sopprimere il Columbus Day. Cristoforo
Colombo è un altro mito fondatore degli Stati Uniti. Potrebbe essere
considerato l’incarnazione del sogno americano. Aveva un progetto, si è dato da
fare per eseguirlo, c’è riuscito ed ha avuto successo, soldi e gloria. E
invece, no. Aveva il difetto di essere bianco.
Di Colombo si è detto di tutto. Francesco Iperide Alverno diceva che era “pio e devoto”. Dario Fo diceva che era “un cacciaballe”. Simon Wiesenthal diceva che era “ebreo”. Da tempo si dice che era razzista e schiavista e fautore di stragi. Ma non basta, bisogna demolire il mito attaccandolo nella sua essenza professionale. Per esempio ieri ho letto addirittura che era “un navigatore mediocre”. Come dire che l’Almirante de la mar Oceana, non era, tutto sommato, neanche un bravo marinaio. A parte il poco costoso tributo reso da queste “demolizioni” agli indiani d’America e ai discendenti degli schiavi, a me pare che questa furia anti-colombiana, questa ribellione contro l’immagine di un individuo al servizio dei reali di Spagna, sia un’altra faccia di una battaglia sorda, oscura, diuturna e pervicace contro i cattolici. Una battaglia che si trova tanto tra i beceri razzisti di Fox News (lotta violenta e crudele contro l’immigrazione dei Latinos, che cattolici sono), quanto sulle pagine liberal e radical chic del New Yorker, che difendono tutte le religioni salvo rovesciare tutte le accuse anticlericali su quella della Chiesa di Roma.
Le ragioni di questa battaglia sembrano sfuggire a molti tra gli stessi
cattolici, che non riescono a pensare che due pilastri della loro visione del
mondo, il libero arbitrio e l’uguaglianza di tutti gli uomini, siano lungi dall’essere accettati dagli
americani. Per quanto riguarda l’opinione sull’uguaglianza della destra becera
e razzista, con i suoi atteggiamenti contro i neri, contro gli Hispanic, contro
i Native Americans, eccetera, non c’è bisogno di spendere molte parole. Per
i liberals e i radical chic, invece, proprio il fatto che insistano su un
concetto d’ America come mosaico di minoranze sembra confermare la tesi che
l’idea dell’uguaglianza dei cittadini, quella che si manifesta con
l’integrazione, non sia proprio condivisa da tutti.
Ancora peggio, se vogliamo, è la posizione degli americani sul libero arbitrio. In materia di fede, la predestinazione predicata da calvinisti e luterani può essere la conseguenza della convinzione, maturata al tempo della vendita delle indulgenze e della riforma, che le opere non danno la salvezza. Il fatto è che quando si passa da materia di fede a materia di vita sociale, il concetto di predestinazione conduce facilmente da un lato all’eugenica, con le tragiche conseguenze viste nel ventesimo secolo di qui e di là dell’Atlantico.
E dall’altro ad una rielaborazione del diritto per cui si tende a voler dimostrare che il criminale è tale in quanto geneticamente programmato (cioè predestinato) a esser criminale e quindi non può essere giudicato “colpevole” perché le cattive azioni sono iscritte nei suoi geni.
Quindi, carissimi, preparatevi al peggio, anche se Trump viene rimosso, o si dimette, o perde le elezioni.
La “sinistra” americana non è il toccasana in cui molti credono.