Quelle quattro pagine del Corriere-Lettura…

Articolo pubblicato dal giornale online L’Indro 30.11.2020

Stefano Rolando

Ho chiamato ieri un mio amico, tra i maggiori sociologi interpretativi italiani, e gli ho chiesto di rispondere a una domanda. Ovvero – accertato che non avesse ancora letto i giornali della domenica – di provare a indovinare il nome (che gli ho celato per un po’) di chi, andando a Trieste per un evento, abbia avuto il desiderio di incontrare Claudio Magris, ottenendo il colloquio che qualcuno ha provveduto a registrare così che la Lettura del Corriere della Sera lo ha pubblicato i nelle prime quattro pagine del settimanale.

Quattro pagine con un fitto colloquio che comincia cosi. Il nostro (per ora) misterioso intervistatore dice: sono un suo ammiratore e lettore, capito a Trieste con il desiderio di incontrarla, grazie per avere accettato. E Magris – tra i maggiori letterati triestini e già europarlamentare – lo ringrazia a sua volta soprattutto perché l’ospite è “un uomo politico che ha messo la cultura in priorità”. E anche per via del suo linguaggio, che con i tempi che corrono con gravissime cadute di stile, lo rende una figura diversa.

Poi inizia il dialogo, con domande che partono da spunti dei testi di Magris e con risposte che spaziano nella letteratura e nella filosofia contemporanea (da Cervantes a Proust). Frammezzando il dialogo da osservazioni filosofiche sulla memoria, l’identità, il fronteggiamento degli eventi tragici, il dolore e il rapporto con le generazioni. Complesso è il passaggio di entrambi sulla “Ungleichzeitigkeit” e Bloch.

Ho chiesto – su questa base – al mio amico sociologo di indovinare il nome dell’intervistatore. E dopo qualche esitazione mi ha risposto: Veltroni. Risposta corretta, per la cultura, il linguaggio e il lavoro giornalistico attuale al Corriere. Ma in verità risposta sbagliata. Maretta. Qualche domandina di contestualizzazione. E’ un lui o una lei? Prova a fare nomi, ma li ritira. Niente da fare.

Il nome – per chi ha letto La Lettura – è sorprendentemente quello di Giuseppe Conte.

Chi si occupa – come me – anche di comunicazione politica, setaccia sulle prime le parole chiave e rubrica la cosa in un’operazione studiata in cui, magari sulla base di una effettiva e fin qui poco nota conoscenza di letteratura e filosofia, alla fine il risultato dell’incontro si rivela così fecondo da meritare una segnalazione al Corriere che la ritiene così meritevole di stupire i suoi lettori.

Il mio amico si intende anche di “provinciali”. E la mette invece come un’operazione che nasce “dalla reciproca lusinga di due provinciali” che un comunicatore di professione, nella piena disponibilità “politica” del Corriere, propone nel quadro di vicende in corso in cui una rettifica di immagine, intesa come la “scoperta di un’anima”, viene incontro a un fabbisogno di una certa urgenza. Sia detto di passata, questo mentre allo stesso premier viene riservato un assolo (giornalisticamente più che giustificato) da Lilli Gruber (gruppo Cairo-Corriere).

E allora ho provato ad intervistare un altro amico, autorevole, di ampia esperienza politologica. Anche lui ignaro del fatto. Fatto che racconto paro paro. Non indovina. Ma poi non ha dubbi. E’ il primo mattone – dice – della costruzione dell’immaginario collettivo per le elezioni presidenziali. Da decidere se è Conte indotto a costruirsi un profilo “alto”, ignoto a molti, oppure se il presidente del Consiglio comincia a far propria una voce “grillina” che potrebbe avere proprio in Magris l’obiettivo.

Ed è a questo punto che un terzo amico, organizzatore culturale sempre bene informato, mi segnala che Youtube restituisce un analogo incontro videoregistrato verso la fine di gennaio di quest’anno in cui il premier Conte – a Brescia per un convegno sulla famiglia – va a trovare a casa sua il filosofo Emanuele Severino, in una analoga forma di sollecitazioni e di ascolto con al centro il tema del rapporto tra capitalismo e tecnologia. Qui si ferma la rapida indagine. Senza negare che vedere un capo del governo che trova il tempo per occuparsi di Proust e di Cervantes non è cosa indegna, per come vanno le cose. Ma anche senza tralasciare una sorta di “progetto comunicativo” (perché si tratta di ascolti comunicati, non riservati) che fanno parte di una legittima esplorazione sui profili personali di un professionista divenuto centralmente “uomo pubblico” che sceglie “comunicativamente” questo format rispetto a tante altre modalità con cui i suoi predecessori si sono rapportati agli intellettuali. Chi per litigare, chi per organizzare consenso, chi per comporre il proprio idola tribus, chi per amicizie vere e al riparo dai media.

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