Saldare oggi tutte le resistenze

77° Anniversario della LiberazioneMelfi 25 aprile 2022

Stefano Rolando

Presidente della Fondazione “Francesco Saverio Nitti”.

È il 77°Anniversario della Liberazione.

Non posso sfuggire al pensiero associativo che sto andando, abbastanza spedito e persino in discreta salute, verso il 75° anno della mia vita.

So che è quasi irriverente, in ogni caso è apparentemente fuori luogo, questo collegamento, che appare insignificante.

Ma per me – mi si permetta di dirlo oggi – proprio in questo periodo, è significante.

Mi prendo in prestito a nome di un’intera generazione. Quella dei primi figli dell’Italia libera. Le prime nuove vite, dopo tante vite massacrate, stravolte, deviate.

Dunque, la mia è stata una generazione specialmente fortunata.

Finora, fino a qui, specialmente fortunata. Che ha avuto libertà di pensiero e di parola, più delle generazioni precedenti. E che in casi come quello di oggi deve dimostrare se questo “diritto” sia ben custodito.

Ho vissuto tutta la mia vita con l’anniversario – anno per anno – della Liberazione.

E ho beneficiato per tutti questi anni del bene maggiore avuto nei nostri paesi che, nella loro storia, non hanno mai avuto un tratto così lungo di pace, di concordia, di prosperità.

E un altro elemento personale, mi sia consentito. Ho avuto la ventura – non per caso, anche perché me la sono andata a cercare – di conoscere da vicino centinaia di protagonisti di vicende che hanno avuto il loro coinvolgimento alto e finale nella lotta di resistenza e nella battaglia ideale e materiale per la libertà. Da Sandro Pertini (domani sarò a Pozzuoli a ricordarlo in un evento collocato nell’anniversario della Liberazione intitolato con le parole di Bobbio “Fierezza e tenacia”) ad Altiero Spinelli, da Aldo Aniasi a Luchino Dal Verme, da Maria Luigia Baldini Nitti a Marisa Ombra, da Carla Voltolina a Pietro Nenni, da Ugo La Malfa a Giovanni Pieraccini, da Leo Valiani a Nilde Iotti. Se ci penso bene è un vero pantheon. Che aumenta la mia doverosità, la mia responsabilità.

I melfitani che frequento da trent’anni un po’ mi conoscono.

E sanno che ho assunto l’incarico di presidente della Fondazione Nitti – che avrebbe potuto essere mio nonno – lavorando per mettere sotto il nostro tetto diverse generazioni, diverse storie, diverse figure – maschili e femminili – che raccordano una storia personale più grande, più ampia del tratto che va alla Liberazione a oggi.

  • Perché questo tratto – fatto cioè di questi 77 anni – non è comprensibile, non è interpretabile senza il suo tratto precedente, quello di un nuovo secolo che appariva come uno smagliante portatore di progresso e che fece presto invece maturare una terribile Prima guerra mondiale e poi per 23 anni una lunga stagione cupa, autoritaria, antidemocratica e alla fine anche assassina.
  • E quel tratto non si potrebbe né leggere né spiegare senza il suo tratto a sua volta precedente. Quello che parte dall’epopea garibaldina e svolge tutto il tema del Risorgimento come sintesi identitaria di una meravigliosa quanto intricata matassa imbrigliata, svenduta, rivenduta, separata, senza pace, senza indipendenza che dalla Rivoluzione francese in poi non ha mai permesso di parlare di Italia se non facendo dire al cinismo realistico del Metternich che l’Italia non era altro che un’espressione geografica.

Solo stando a questi lunghi tratti di storia moderna e contemporanea noi vediamo riproporsi alcuni paradigmi.

  • Quello della perdita di identità e quello del ritrovamento di un’identità.
  • Quello dello smarrimento della libertà e quello del coraggio, dell’eroismo necessario per rendere possibile quello che tutti sanno: che la libertà nessuno te la regala e non ti arriva impacchettata con la consegna di Amazon. Devi volerla, devi incarnarne le ragioni, devi individuare chi te l’ha sottratta, devi lottare a fondo per recuperarne il profumo e l’onore di servirla.

Il terzo paradigma che si perpetua, ciclo dopo ciclo, è dunque chiaro.

È il paradigma della Resistenza.

Ricerca intima e al tempo stesso collettiva della precondizione. Per esistere, resistere.

  • Non avremmo avuto il ridisegno di un’idea di patria senza i moti mazziniani del primo Ottocento.
  • Non avremmo avuto un’idea di costituzione liberale senza le guerre di indipendenza.
  • Non avremmo avuto un’idea di unità senza mille cuori gettati oltre l’ostacolo della storia da parte delle camicie rosse garibaldine.
  • Non avremmo avuto le fondamenta di un’idea di giustizia inalienabile dalla libertà senza la resistenza civile che lega la Repubblica romana ai moti di piazza a Milano stroncati dalle regie truppe del generale Bava Beccaris fino alla nascita dell’organizzazione politica e sindacale del lavoro dal nord l sud. Fino, arrivo a dire, ad una idea che il Novecento esprime di una nuova resistenza meridionale che supera l’aspetto resistenziale sì ma involutivo del Brigantaggio.

La resistenza al fascismo comunque non comincia con i partigiani in montagna nel ’43, comincia il giorno stesso dell’assassinio di Giacomo Matteotti.

E dura per venti anni grazie a italiane e italiani di ogni età, di ogni ceto sociale, di ogni forma di pensiero ideale e valoriale (dai monarchici ai repubblicani, dai cattolici ai comunisti, dai liberali ai socialisti, dagli azionisti agli anarchici) a cui si aggiunsero durante la guerra e soprattutto dopo l’8 settembre i coraggiosi ufficiali, sottufficiali e soldati di un esercito allo sbando che in migliaia (uno di loro si chiamava Carlo Azeglio Ciampi, uno di loro fu mio padre in un’isola dell’Egeo) scelsero la resistenza in armi anche fatta insieme a popoli fino al giorno prima nemici e non il semplice “tutti a casa”.

In questi 77 anni, alzare il nostro pensiero alla Resistenza il 25 aprile non vuol dire solo riconoscere in quella data un valore fondante della nostra libera contemporaneità.

Vuol dire saldare tutte le resistenze di almeno due secoli prima.

E vuol dire oggi saldare in una visione internazionale le resistenze che – senza un’ideologia dominante – hanno riguardato migliaia di popoli, migliaia di latitudini, migliaia di contesti diversamente oppressi, migliaia di condizioni ineguali per dirsi alla pari “cittadini del mondo”.

Non obbligateci più a limitare il 25 aprile nell’assurda limitazione dello scontro tra comunisti e fascisti.

La comodità di scegliersi un nemico per trasformarlo in uno stereotipo non rende alla parola Resistenza il suo grande progetto di un perpetuo rinnovamento morale che ha riguardato il nostro popolo e tanti altri popoli, in simili e dissimili frangenti.

Questa è la chiave culturale ed educativa che spiega anche l’attenzione costante al rapporto con le scuole, con i giovani e i giovanissimi –

  • come la presenza qui della professoressa Antonietta Iuliano, dirigente scolastico I.C. “Ferrara-Marottoli” testimonia;
  • che spiega anche il legame strutturale con la cultura storica – che è una componente inscindibile del lavoro che svolge Fondazione Nitti e che qui il professore Donato Verrastro rappresenta con grande competenza mettendo in campo una nuova generazione di validi storici;
  • che spiega gli sforzi compiuti negli anni – con la presenza di tante figure di donne di grande rilievo e quest’anno con la gioia di avere Eliana Di Caro, pilastro del Domenicale culturale del Sole 24 ore con il suo libro sulle Donne Costituenti.
  •  La partnership con l’ANPI di questo evento è un elemento di tradizione e, lo ribadisco anche quest’anno, di onore. Ringrazio e saluto Anna Martino presidente Anpi Melfi e componente del coordinamento donne Anpi Basilicata, cosciente del dibattito che si è aperto in questa Associazione e che mi auguro abbia un esito che non sciupi l’immagine e il ruolo importante che l’ANPI ha per la pedagogia civile italiana. Dibattito che vede oggi l’ANPI di questo territorio in una inequivoca posizione.
  • Cito per ultimo il Comune di Melfi solo perché esso è il soggetto motore riassuntivo di ogni nostro appuntamento annuale nel quadro di ogni alternanza democratica alla guida dell’Amministrazione, a riprova del valore emblematico nazionale della Festa della Liberazione e quindi sono grato al sindaco Peppino Maglione per l’impegno nettamente ripreso e rilanciato. E lo ringrazio di cuore anche per le parole del suo intervento di apertura.
  • Parlo anche a nome di Patrizia Nitti e di Gianluca Tartaglia che portano qui il loro impegno personale e, per entrambi, familiare espresso attraverso l’Associazione Nitti costituita da singole persone con il suo nucleo più forte rappresentato da cittadine e cittadini di Melfi.

Fondazione Francesco Saverio Nitti compie da anni lo sforzo di restituire luce e conoscenza a una grande figura di un melfitano libero e colto che non solo guidò l’Italia in uno dei frangenti più drammatici del Novecento ma scrisse attorno alla evoluzione dell’Italia, dell’Europa, dei diritti sociali e della libertà pagine di alta educazione civile per dare corpo a questa visione globale, plurale, etica di servire a qualunque costo le cause giuste.  Lui pagò un prezzo altissimo, dalla distruzione della casa al lunghissimo esilio per sé e per una grande famiglia fino all’incarceramento personale da parte dei nazisti.

Altri – e furono migliaia – pagarono con la vita.

Altri ancora si rifiutarono di accedere alla narrazione limitata alle due epiche pseudorivoluzionarie in lotta (il comunismo che scelse nel ’21 di “fare come in Russia” e il fascismo che scelse l’anno dopo di “scimmiottare la potenza di Roma” in una involuzione nazionalistica che non ha ancora finito di far danno in Italia e in Europa).

Per accedere invece al riconoscimento di un lungo percorso della storia e della storia delle idee in cui c’è posto per molti, anche per coloro che hanno servito un ideale in forma anonima e senza lucro personale e professionale.

Solo in questa logica  la mia generazione ha vissuto in questo lungo tratto di tempo una molteplice idea di resistenza che ha riguardato ad esempio  i popoli del sud Europa che si sono liberati dei fascisti in Spagna, Grecia e Portogallo , i popoli dell’est Europa che hanno provato a resistere all’invasione dei carri armati sovietici dall’Ungheria alla Cecoslovacchia; i popoli latino americani (come il Cile, l’Argentina, il Brasile)  che hanno impiegato anni di resistenza minoritaria per recuperare libertà da forme gravi di dittatura. E sulla guerra americana in Vietnam si è formata la coscienza critica di una generazione di tutto il mondo, America compresa.

E infinite altre storie, scusate i cenni qui solo allusivi, che hanno trasferito sentimenti analoghi e sempre un altro prezzo per tener vivo l’onore e l’orgoglio dal meraviglioso cammino non violento che con la guida del Mahatma Gandhi restituì all’India la libertà. Una catena di storie che arrivano oggi in questo drammatico aprile 2022  all’eroico sforzo in atto, grazie anche alle  armi dei paesi democratici, per consentire agli ucraini di non capitolare in una resa senza condizioni e per negoziare con il sostegno di una vasta maggioranza di paesi nel mondo (quelli che alle Nazioni Unite hanno condannato l’invasione russa) condizioni di pace che, qualunque finirà per essere la rettifica territoriale, lascia nel mondo il rispetto a un intero popolo che fa  guadagnare al proprio paese  il suo posto nella storia.

Abbiamo imparato – e non da oggi – che essere in guerra per punire, sottomettere, soggiogare, sfruttare un altro paese e un altro popolo non è la stessa cosa che essere in guerra per difesa di sé e della propria terra mettendo in palio la propria stessa vita.

Chi è per la Resistenzauna grande parola che non ha perso il suo valore abbiamo scritto oggi insieme al Comune di Melfi a all’ANPI di Melfi che ringrazio per il coraggio della posizione assunta – non è, da questo punto di vista, propriamente un pacifista.

Pur essendo certamente un combattente accanito per la pace. Che vuole ripristinare la parola, la politica, la diplomazia al servizio della pace. Ma ora per me, credo anche per tutti noi, in Italia fanno testo le ineludibili parole del sindaco di S. Anna di Stazzema Maurizio Verona: “Bucha, eravamo noi!”. Così come – con pari diritto di parole – fa testo il pensiero di Liliana Segre. E fa testo in modo speciale il fermo e inequivoco intervento del presidente Sergio Mattarella sul “non arrendersi alla prepotenza” pronunciato per questo 25 aprile.

Speriamo di mantenere a lungo questo diritto di essere d’accordo o anche in disaccordo con questo punto di vista. Ed è esattamente per questo scopo che nella nostra Melfi, città di nascita di figure illustri e anche città di confino di grandi resistenti, noi ogni anno siamo presenti a questo appuntamento.

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