
Mario Artali si è appena affacciato su questo anno interrogativo che è il 2023, per un giorno solo.
Ed è mancato, dopo alcuni mesi di difficoltà di salute, proprio il primo dell’anno, soprattutto dopo una vita molto intensa, durata dal 1938, con un impegno che ha sempre avuto a riferimento la città di Milano dove si è laureato in Giurisprudenza, in cui è stato prima consigliere comunale e capogruppo socialista a Palazzo Marino poi parlamentare nella prima parte degli anni ’70, vicino alla figura rilevante di Aldo Aniasi.
Da Aniasi ha ereditato sia la presidenza della FIAP, la federazione dei partigiani – a cominciare da quelli di Giustizia e Libertà, ma compresi anche i mazziniani e i matteottini – che nei lunghi anni della guerra fredda non si riconoscevano nell’ANPI, associazione legata all’Unione Sovietica; sia la presidenza del Circolo De Amicis che lo stesso Aniasi fondò in pieno ’68 a Milano alla presenza di Pietro Nenni e Bettino Craxi per creare un centro di iniziativa e di relazione civica sui temi del socialismo riformatore, sui temi dello sviluppo metropolitano di Milano e sulle più rilevanti questioni di politica internazionale.
Questa Federazione e questo Circolo – insieme alla Fondazione “Aldo Aniasi” – sono stati luoghi e famiglia politica con cui Mario ha proseguito il suo impegno, politico e civile, anche dopo la sostanziale scomparsa del Partito Socialista in una costante tessitura di iniziative in cui si sono avvicendate generazioni e in cui memoria e discussione critica sul presente hanno accompagnato mezzo secolo di vita milanese e italiana.
La FIAP oggi è presieduta da Luca Aniasi e il Circolo è destinato certamente a generare adeguati sviluppi per una città che ha molto bisogno di rinnovato dibattito pubblico.
Con due fotografie incornicio i miei cinquant’anni di amicizia con Mario Artali.

La prima è del 1971, lui al tempo capogruppo socialista a Palazzo Marino con Aldo Aniasi sindaco, io studente universitario impegnato in materia di diritti umani, sia attraverso il Centro sull’America Latina che avevamo creato con Camillo De Piaz nell’ambito della Chiesa di San Carlo al Corso sia attraverso il Tribunale Russell per l’America latina allora presieduto in Italia da Lelio Basso. E Aniasi chiese a me di contribuire all’organizzazione del convegno dei rappresentanti dei movimenti di liberazione delle colonie portoghesi che avevano scelto Milano per lanciare la campagna internazionale di solidarietà nella fase decisiva della loro decolonizzazione. Ecco Aniasi, i rappresentanti dei movimenti dei tre paesi, Mario Artali e Giovanni Baccalini, espressione di quel Consiglio comunale e di quella Giunta, e io il primo a sinistra in questa foto ritrovata alla notizia della sua scomparsa.

La seconda fotografia è di quaranta anni dopo, nel 2011, proprio al Circolo De Amicis nella sera cruciale della campagna “civica” a favore di Giuliano Pisapia candidato a sindaco di Milano, raccogliendo – in una sala affollatissima e che sentiva la grande opportunità di alternanza democratica – quello che è stato poi chiamato “Gruppo dei 51” (arrivato in realtà a 200 persone, ma il riferimento era l’obiettivo del 51% al voto) lanciato da Piero Bassetti. A quel tavolo sono riconoscibili da sinistra Franco D’Alfonso, Valerio Onida, Marco Vitale, io stesso che coordinavo l’incontro, Piero Bassetti (nel momento dell’intervento iniziale), Mario Artali e ancora i due relatori tematici dell’occasione Emanuele Ranci Ortigosa e Daniele Checchi. Alle spalle riconoscibili Barbara Pollastrini, Annamaria Testa, Antonio Del Pennino e Michele Achilli.
Quest’ultimo decennio del mezzo secolo di legame costante ha sempre avuto il De Amicis come ambito delle iniziative, ma la lunga frequentazione romana che Mario e io, soprattutto grazie alla comune amicizia con Guglielmo Trillo, abbiamo avuto (lui non solo parlamentare ma per anni anche impegnato come manager pubblico in molte realtà, tra cui in anni passati la presidenza della SME e più di recente, a Milano, la vicepresidenza della BPM) è stata sempre occasione per moderare un po’ l’ambrosianesimo autoreferenziale che è carattere connesso all’idea di solito un po’ impaziente dei milanesi quando parlano di Roma. Una dialettica di solito divertente, con ragioni piuttosto distribuite.
Grande vitalità, grande senso della memoria collettiva, grande tessitura di rapporti tra le generazioni alla quale la sua famiglia, la moglie Bruna e i figli, ha sempre contribuito con affabilità mentre Giorgio Cavalca ha affiancato Mario con amicizia e competenza.