Magistrati e cittadini. Ricerca su identità e immagine sociale

I Martedì dell’Associazione

“Vittorio Bachelet”

“Giustizia e… immagine del magistrato”

Martedì 11 aprile 2017, ore 17.00

Aula Bachelet del Consiglio superiore della magistratura

Giovanni Legnini (vicepresidente del CSM)

Renato Balduzzi  (consigliere CSM,presidente dell’Associazione “Vittorio Bachelet”)

intervento di Gianrico Carofiglio (scrittore)

Dibattito alla presenza degli Autori Nadio Delai e Stefano Rolando

Conclusioni Gaetano Silvestri  (presidente comitato direttivo Scuola superiore della magistratura)

 

 

 

L’incontro trae occasione dalla pubblicazione del volume di Nadio Delai e Stefano Rolando

Magistrati e cittadini. Indagine su identità e immagine sociale dei magistrati italiani

(Franco Angeli, 2016)

 

 

 

 

Avvenire 13.4.2017

 Associazione Bachelet, proposte per recuperare fiducia nella magistratura

Renato Balduzzi

giovedì 13 aprile 2017

Senza la fiducia della generalità dei cittadini nella terzietà, indipendenza e serietà della magistratura è difficile che un ordinamento democratico, che voglia restare fondato sulla separazione dei poteri e sulla loro leale collaborazione, possa vivere e prosperare. Da qui la necessità di comprendere le cause della diminuzione di questa fiducia, i suoi contorni, i percorsi per rafforzarla.
Da alcuni mesi è disponibile (da oggi anche in open access) una ricerca, pubblicata da Franco Angeli, dal titolo “Magistrati e cittadini. Indagine su identità e immagine sociale dei magistrati italiani”, curata nel 2014/2015 da due specialisti come Nadio Delai e Stefano Rolando, su impulso della Scuola superiore della magistratura, allora presieduta da Valerio Onida.
Il volume è stato presentato ieri al Csm nel primo dei Martedì su “Giustizia e …”, promossi dall’Associazione “Vittorio Bachelet”, che si susseguiranno, a intervalli costanti ogni mese e mezzo sino alla fine del 2018. Tutti coloro che, insieme agli autori, hanno preso la parola sulla ricerca (G. Legnini, chi scrive, G. Carofiglio, G. Silvestri e, nel dibattito, V. D’Ambrosio, N. Lipari, P. Morosini e G. Canzio), ne hanno sottolineato il carattere di vera e propria miniera per comprendere il pianeta giustizia.
Primo esempio: la ricerca attesta che anche la quasi totalità dei magistrati, e non soltanto il campione di cittadini coinvolti, reputano necessarie norme più severe sul passaggio di magistrati in politica e sul ritorno in magistratura (indicazione che potrebbe essere tenuta presente dal legislatore) e che una larga maggioranza dei medesimi magistrati è disponibile ad attenuazioni di norme di privilegio in tema di trattamenti economici e previdenziali, d’accordo su questo con oltre due terzi dei cittadini (indicazione da ponderare nell’associazionismo dei magistrati).
Secondo esempio: sul fondamentale tema delle pressioni – interne (i “capi” degli uffici, i colleghi) ed esterne (politica, media, poteri economici) – che possono influenzare l’indipendenza del magistrato, vi è una netta differenza tra percezione dei cittadini (che le considerano numerose e forti) e quella dei magistrati se riferita alla loro esperienza personale, ma non se riferita alle pressioni esterne sulla magistratura in generale. Il che conferma il delicato ed essenziale ruolo dei media. Nella società della diffidenza è naturale che non esistano zone franche, per definizione destinatarie della fiducia collettiva: questa si deve conquistare ogni giorno. Recuperare fiducia nella magistratura, soprattutto in questi tempi, è condizione imprescindibile per il buon funzionamento del buon modello costituzionale di giudice e magistrato.

 

Un italiano su due non crede nella giustizia

Il Messaggero, domenica 3 gennaio 2016

Sembra passato un secolo da Mani Pulite, quando a quel pool capeggiato da Francesco Saverio Borrelli gli italiani avrebbero affidato il Paese. Anno 1994: la fiducia nella magistratura è al 67%, secondo Demos & Pi. Trascorsi ventidue anni, scenari e attori sono cambiati. Molte toghe note – Fernando Pomarici, Raffaele Guariniello e Marcello Maddalena – hanno lasciato il 31 dicembre, per effetto della riforma Renzi che ha abbassato da 75 a 70 anni l’età pensionabile dei magistrati. Cosa resta della fiducia di un tempo? Il calo è significativo: i consensi non arrivano a superare la soglia del 50%. Ma ancor più significativo è il fatto che a voler registrare e interpretare la «cattiva immagine» dei magistrati sia stata un’iniziativa promossa dalla Scuola superiore della magistratura che ha affidato a due noti studiosi, Nadio Delai e Stefano Rolando, una corposa indagine. Obiettivo: ascoltare e interpretate cosa i magistrati pensano di se stessi (1.110 i questionari compilati) mettendolo a confronto con l’opinione dei cittadini (2.025 le interviste a campione). Una doppia forma di ascolto che porta gli autori della ricerca a sottolineare l’inevitabile necessità per i magistrati di «reintepretare» il proprio ruolo, che non potrà più essere né di supplenza o di assunzione diretta di un ruolo politico attivo, né di un anacronistico ritorno all’antico per cui il giudice deve «parlare solo per sentenze».  I dati, d’altronde, sono espliciti. Tra magistrati e cittadini ci sono sintonie di fondo, in particolare sulla corruzione politico-amministrativa ritenuta l’area di illegalità al primo posto nel Paese (89,9% per i primi, 74,8% per i secondi), ma anche forti divergenze. Il fatto che la valutazione dell’operato della magistratura faccia segnalare una parabola discendente, da Tantentopoli ad oggi, è senz’altro il dato che fa maggiormente riflettere.

LA REPUTAZIONEL’indagine va nello specifico e chiede agli intervistati un parere sulla reputazione delle toghe suddivisa in fiducia, credibilità e affidabilità. La valutazione dei cittadini è assai critica. Per quanto riguarda l’immagine percepita dei magistrati che operano sul territorio, solo il 52,3 esprime un giudizio positivo che scende al 47,8% quando si tratta di valutare la magistratura nel suo complesso. Per quanto riguarda l’affidabilità, il gradimento scende al 46,5% che cala ulteriormente al 35,6% se il giudizio è sulla magistratura nel suo complesso. La reputazione è al 47,4%, che scende al 36,7% se si considerano le toghe svincolate dal territorio. La magistratura svolge o no un ruolo di supplenza rispetto alla politica di fronte a gravi questioni quali corruzione, criminalità organizzata o terrorismo? A questa domanda, oltre la metà degli intervistati (il 56,6%) risponde di sì con certezza. Elemento, anche questo, che rappresenta in ogni caso un fattore di valutazione critico sulla reputazione.

SINTONIE E DIFFERENZEGli ideali e i valori di fondo, per cui si è fatta la scelta di entrare in magistratura, delineano una «categoria”tonica” e certo non psicologicamente”assediata”», che nel 78,5% dei casi si dice soddisfatta del ruolo svolto. La sintonia con la popolazione sta nel mettere al primo posto la corruzione come fattore di illegalità da debellare, cui fanno seguito la criminalità organizzata (74,7% per i magistrati, 52% per i cittadini) e l’evasione fiscale (55,4% e 39,3%). Ma ci sono anche differenze significative. E su punti non certamente secondari. Il lavoro dei magistrati è soggetto a”pressioni”? La sovrastima dei cittadini va da 2,9 sino a 25,1 volte più di quanto dichiarino i magistrati stessi. Ad esempio, le eventuali pressioni dei media e della politica sono, rispettivamente, del 54,7% e del 74,1% secondo i cittadini, contro il 18,9% e il 12,6% dichiarati dai magistrati.

NON ACCETTABILITÀCi sono poi comportamenti che vengono ritenuti inaccettabili, ma in maniera differente. Esprimere valutazioni pubbliche sui provvedimenti di altri magistrati è vissuto come un tabù dall’85,4% delle toghe, contro il 48,8% dei cittadini. Assumere ruoli politici? 61,3% di contrari tra i magistrati e 55,9% tra la popolazione. Fornire ai media chiarimenti sui processi in corso? Assolutamente no per il 50,8% dei diretti interessati, mentre il 23,6% dei cittadini sarebbe favorevole ad avere maggiori spiegazioni. Non mancano punti di vista divergenti su temi di riforma della giustizia che hanno arroventato il clima politico degli ultimi venti anni. La separazione delle carriere tra giudici e pm vede nettamente favorevoli i cittadini (73,1%) e assolutamente contrarie le toghe (78,1%). Lo stesso vale per la necessità di regolare meglio la responsabilità civile dei magistrati – la riforma del governo Renzi è del 2015 e la ricerca è stata pubblicata alla fine dell’anno. I cittadini che si sono detti d’accordo sono stati il 75,2%; specularmente, i magistrati contrari hanno toccato il 72,5%

TOGHE E POLITICAIl passaggio alla politica, tema negli ultimi venti anni foriero di critiche e polemiche, è ora trattato con un atteggiamento particolarmente prudente dalla magistratura. Dare l’impressione di utilizzare la propria posizione per finalità politiche personali costituisce un fatto che si verificherebbe”spesso” dal 6,5% dei magistrati (contro il 23,2% dei cittadini). Decidere di accettare ruoli politici viene visto con assoluto sfavore da quasi i 2/3 dei magistrati ma anche dal 55,9% della popolazione. Infine, un problema su cui il Csm è in parte già intervenuto ma per il quale si reclama un intervento legislativo: regolare meglio il passaggio dei magistrati che vogliono entrare in politica. Il 92,1% delle toghe si dice favorevole.

Al di là dei numeri, se si non vuole arrendere alla «cattiva immagine» che emerge dall’indagine, la magistratura dovrà operare una vera e propria «riappropriazione di ruolo». «Anche i magistrati – scrivono Delai e Rolando – si trovano a passare attraverso la loro specifica”mutazione”, in cui giocherà molto la loro capacità di essere non solo”attori del diritto”, bensì anche”attori sociali” a pieno titolo e a piena responsabilità».

Silvia Barocci

 

Recensione di Carlo Melzi d’Eril e Giulio Enea Vigevani

su Il Sole 24 ore (supplemento culturale), 13 agosto 2017

 

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *