
Pochi minuti fa è apparsa in rete la nota di Antonio Carioti, su corriere.it che, con inquadramento ampio del profilo della sua originale figura di storico dell’economia e anche dell’informazione, racconta Valerio Castronovo che si è spento oggi a Torino a 88 anni.
Grazie alla comune amicizia con Guglielmo Trillo, Valerio fu tra gli esperti che fin dall’inizio della mia esperienza a capo del Dipartimento Informazione ed Editoria della Presidenza del Consiglio (si intende, nel quadro delle competenze di allora, che si estendevano molto nella sfera della promozione culturale e nelle problematiche dei media del nostro tempo, competenze poi passate ad altre amministrazioni) mi fu vicino in tanti contesti e tante esperienze, portando un considerevole aiuto in tre principali ambiti:
- quello dell’inquadramento storico-evolutivo del sistema dell’informazione italiana;
- quello della relazione tra cultura ed economia dell’industria editoriale;
- quello del ruolo degli imprenditori nella formazione dell’identità italiana (tema su cui pesava una distorta separazione tra istituzioni e imprese che era interesse del sistema-Italia di riportare a convergenza).
Lo stesso Carioti fa nel suo articolo questa giusta osservazione:
“Benché si collocasse su posizioni di sinistra, Castronovo attraverso le sue ricerche aveva sostanzialmente rivalutato il ruolo degli industriali italiani come protagonisti della crescita conosciuta dal nostro Paese all’inizio del XX secolo, da lui attribuita, nel volume Grandi e piccoli borghesi (Laterza, 1988) alla «singolare vitalità di cui diede prova la classe imprenditoriale nei settori più dinamici». Anche il suo giudizio sul fascismo si allontanava dagli stereotipi marxisti. Al di là della convergenza d’interessi protezionistica con i grandi gruppi economici, i valori promossi dal regime, come il nazionalismo acceso e la disciplina cieca, a suo avviso «rappresentavano la negazione dei motivi fondamentali di una società industriale capitalistica”.
La sua produzione saggistica è stata imponente. Prima incaricato di Storia moderna a Milano, poi per più di trent’anni ordinario di Storia contemporanea a Torino, la sua Storia dell’economia italiana è stata tradotta in tutto il mondo a cominciare dalla Cina, mentre la sua lettura delle vicende economiche e imprenditoriali (celebre la biografia di Giovanni Agnelli, inteso come il fondatore della dinastia proprietaria della FIAT e nonno dell’avvocato, entrambi in età diverse senatori) si è sempre relazionata ad un pensiero su luci e ombre della storia politica italiana e nell’ultimo trentennio anche con profondità di giudizio sul declino politico dell’Italia e sulle influenze della globalizzazione.
Con lui e con Andrea Emiliani mettemmo a punto il format di un’esposizione sull’editoria italiana tra arte, cultura e impresa. che, promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ebbe fortuna nel mondo e riverberò sulla immagine di qualità del Paese.

Scrissi su sua richiesta sulla rivista di cultura e scienza Prometeo che dirigeva dal 1983 e lui diede contributi a Vita Italiana-Cultura e Scienza che, trimestralmente, raccontava, con l’eccellente impianto grafico del nostro Poligrafico dello Stato, la qualità artistico-culturale italiana raggiungendo capillari destinatari nel mondo.
Abbiamo partecipato a molti eventi (la foto ne indica uno a metà anni ’90 davanti al gruppo dirigente dell’Olivetti a Ivrea) ogni volta raccordando speranze e critiche che Valerio di recente aveva inquadrato in due saggi importanti: Le ombre lunghe del Novecento (edito da Mondadori). E L’autunno della sinistra in Europa (edito Laterza).

Parte storica della famiglia intellettuale socialista, il cruccio per la sostanziale scomparsa di un partito in cui gli intellettuali avevano ingaggiato, vinto e perso molte battaglie, ha sempre costituito una traccia di dialogo.
Un profondo dispiacere e un congedo nel segno di una lunga amicizia.