
Roma, 9.3.2023
Apprendo ora da Dianora, con sgomento, che un infarto (un cuore salvato in gioventù dalla cardiochirurgia americana, che varrà per una vita la bandiera a stelle e strisce a parete dietro la testata del letto) ha messo fine alla vita di Carlo Macchitella, 71 anni, fiorentinissimo, colto, talentuoso, in Rai arrivò a guidare l’allora crucialissimo ramo dell’azienda dedicato alla co-produzione cinematografica, con degnissimi risultati. Poi per anni produttore cinematografico indipendente. Con lui ho condiviso quasi tutto nei miei lontani anni della Rai, poi – per vie diverse perseguite – rendendo rada la frequentazione, finché poco tempo fa, in stazione con partenze ravvicinate, abbiamo scherzato come un tempo, su tutto, ripromettendoci di recuperare presto il tempo perduto. Abbraccio le persone care della sua vita, i suoi figli grandi, gli amici dei tempi migliori della nostra vita.
Il suo bel libro “I mille volti del sogno” comincia così: “«Appartengo a una generazione, nata nei primi anni cinquanta, che ha per molti anni delegato alla magia del grande schermo il proprio immaginario, il ritrovarsi tra amici, l’appuntamento che poteva segnare la nascita di un amore, il ricordo di un sogno o di una narrazione che ti avrebbero cambiato la vita».
Non è per meticolosità d’archivio, ma per proporre un concreto riscontro di cosa avessero significato anni insieme di pensiero, progetto e responsabilità, in qualche modo specchio anche di una generazione e di una fase storica (che investiva al di là di noi tutto il campo delle “riformabilità”) cito i dettagli che hanno riguardato la sinergia allora tra due amici e colleghi poco più che trentenni. Tra il 1982 e il 1983 – dopo alcuni anni di incessante lavoro progettuale – predisponemmo insieme due volte dossier analisi e di proposta per la rivista Mondoperaio che facevano sintesi sia del lavoro culturale e politico che dei nostri percorsi di vita, tanto che proprio nel 1982 io optai per il distacco dalla Rai per assumere la direzione dell’Istituto Luce, in cui Carlo – dopo la mia uscita – nel 1986 divenne membro del CdA.
Il n. 5/1982 – “La tv prossima ventura” era scritto dal nucleo che aveva più lavorato insieme in quel periodo. Lo aprivo con dieci punti di ricapitolazione, poi Carlo Macchitella sui nodi istituzionali (Rai, azienda o ministero?), Massimo Fichera sui nodi produttivi e Stefano Munafò sui nodi professionali. Il n. 3/1983– “La Tv alla ricerca di un modello” era centrato sul tema del “governare il cambiamento” partorito a Rimini alla conferenza organizzativa promossa da Claudio Martelli e Luigi Covatta, che si articolava per temi e per protagonisti. Carlo apriva la serie dei colloqui in dialogo con Sergio Zavoli, allora presidente della Rai. E proprio sui nodi dei rapporti tra cinema e televisione che per Carlo divennero poi crescenti impegni professionali per il resto della sua vita, alla fine di quel 1983 un testo, uscito a mia firma ma che condividemmo nel dettaglio, fu “Cinema e TV: l’ora della verità“ (Mondoperaio n. 12/1983)
Domani camera ardente a Villa Mafalda. Sabato al Tempio egizio al Verano alle 14.30.