Congedi – Umberto Giovine (Firenze, 16.10.1941- Pescara 18.11.2022)

La scomparsa di Umberto Giovine è avvenuta il 18 novembre del 2022. Un breve articolo sulla Nazione di Firenze, sua città natale, non è stato adeguatamente ripreso. Così che a Milano e a Roma (incredibile in tempi di informazione live planetaria) arriva con quasi quattro mesi di ritardo, tra coloro con cui dagli anni70, per un lungo tratto di strada, Umberto è stata figura di costante relazione.

Assunse la direzione di “Critica Sociale” (l’organo di stampa milanese di origine turatiana) subentrando allo storico Ugoberto Alfassio Grimaldi, di cui era il vice, e a lungo io fui opinionista del quindicinale (allora periodicità che consentiva un certo combattimento delle idee) con una vastità di temi trattati che corrispondevano anche al nostro dialogo a tutto campo.

Umberto aveva visceralità, ma anche conoscenze molto ampie e un tratto interpretativo spiccato che lo rendeva curioso, analitico, valutatore. E vicende personali per le quali era raramente conformista in ordine ai fatti e agli stessi processi politici.

Penso che abbia fatto un ottimo giornale per quegli anni, mettendo in campo un cantiere di sguardi, commenti, valutazioni che – nella cultura politica socialista che stava svolgendo il suo copione più complesso – era, da Milano, dialettico rispetto al contributo importante che veniva da anni dalla rivista mensile Mondoperaio, fondata da Pietro Nenni e fucina di una intellettualità molto reputata (da Bobbio ad Amato a Cafagna). Lì si esprimevano i milanesi, ma non solo. E la bisettimanalità consentiva di chiosare la cronaca ma anche di stare su temi di vastissima cornice (ricordo tra i tanti dossier promossi e gestiti un particolare impegno dedicato ai freudiani e alla psicoanalisi, che fu anche l’occasione per me di una delle ultime interviste in vita sua a Cesare Musatti e a Emilio Servadio, due dei tre fondatori italiani della SPI).

Franco D’Alfonso – che lavorò redazionalmente con Umberto – ha fatto la triste scoperta e ha scritto un bel testo di congedo. Molto argomentato e puntuale sulle doti e i tratti di carattere di Umberto (a cui in vita – per la sua perenne vitalità –  davo qualcosa in più della mia età, non i sei anni che scopro ora). Lascio al suo testo il posto di commento in questa mia rubrica, con la memoria particolare al caso Moro, vissuto con molto intercambio nel corso di quel 1978 (io alla Rai da un anno) e con un suo impegno personale ed editoriale prioritario nel seguire il dramma di quei mesi. Mi chiese, il giorno del ritrovamento del corpo di Aldo Moro, di raccogliere l’opinione di don Baget Bozzo, che risiedeva a Genova e che in quel tempo maturava il suo allontanamento dalla DC avviata al compromesso storico e il suo avvicinamento al Partito Socialista, dal ’76 a guida del maggior oppositore a quel progetto di indirizzo politico, Bettino Craxi. Pur nel vigore delle sue opinioni, della lucidità del suo giudizio di contesto e di prospettiva, della sua critica netta al gruppo dirigente della DC, il suo rapporto con Aldo Moro e con la stessa DC era ancora complesso e naturalmente palpitante.

Ci siamo rivisti negli anni a Roma. Anche nei confronti della sua esperienza parlamentare (con Forza Italia, eletto a Lodi, tanto che del polo tecnologico-alimentare parlammo per ore camminando su e giù al Vicario) non aveva sudditanze, come dimostrò il suo rifiuto a cambiare collegio, lasciando così’ per impuntatura la stessa vita politica. Insomma un caratterino. Ma figura degna della quantità e della qualità che quella generazione (diciamo nostra generazione) ha messo in campo per la maturazione delle proprie idee.

S.R.

La Nazione (Firenze) – 19.11.2022

È scomparso all’età di 81 anni l’ex parlamentare fiorentino Umberto Giovine. Nel 1968 salì alla ribalta delle cronache perché fu il primo a dirottare un aereo che da Parigi avrebbe dovuto raggiungere Atene ma che lui, insieme a Maurizio Panichi, fece rientrare ad Orly. I due giovani sostenevano la causa di Panagulis contro il regime dei colonnelli in Grecia. In loro difesa si schierò l’allora ministro degli esteri Pietro Nenni, ma questo non risparmiò loro otto mesi di carcere duro in Francia. A metà degli anni ’70 fondò a Firenze il giornale ’Il Nuovo’ il primo tabloid italiano. Un’esperienza che durò solo pochi mesi. Nel ’78 da direttore di “Critica sociale” scrisse a lungo sul caso Moro. Esperto analista di geopolitica internazionale per anni ha lavorato all’Istituto per le relazioni internazionali.

Nel 1996 l’elezione al parlamento per Forza Italia nel collegio di Lodi dove abitava, ma nel 2001 Berlusconi voleva candidarlo in un altro collegio e lui per protesta si ritirò dalla vita politica e andò a vivere a Lugano. Da qualche anno viveva a Pescara insieme a una dei suoi cinque figli. Le sue ceneri saranno sepolte a Firenze, vicino ai genitori.

Franco D’Alfonso

Milano – 12.3.2023 – Durante una ricerca su internet, ho scoperto con sgomento e costernazione che Umberto Giovine è morto a fine novembre dello scorso anno.

Umberto è stato condirettore della Critica Sociale con Ugoberto Alfassio Grimaldi e poi direttore della serie nel periodo dal Midas fino alla fine del governo Craxi. La redazione di Critica era composta, tra gli altri, da Andrea Pamparana, Margherita Boniver, Dana Willetts e da me allor giovane, tutti sotto la bonaria e severa guida della segretaria di redazione, la partigiana svizzera Anna Schoemachen.

Umberto era un giornalista di grande e solida cultura socialista cui abbinava un altrettanto grande curiosità e voglia di rinnovamento   che lo portò a realizzare una nuova rivista, moderna, aperta e immersa nel dibattito politico del tempo  senza mai abbandonare o stravolgere la linea tradizionale della Critica di Faravelli e Alfassio Grimaldi, con una operazione di allargamento culturale e politico della prospettiva socialista che non è stata abbastanza apprezzata e ricordata.  

Giovine aprì ad  un gran numero di collaborazioni della sinistra libertaria da Masini a Guido Viale, ebbe l’idea di pubblicare come inserto  la rivista di Jiri Pelikan  “Listy”, fece tradurre e pubblicare in Italia il Manifesto delle duemila parole di Vaculik e Havel, oltre al “Progetto Socialista” di Mondoperaio presentato al Congresso di Torino; riprese le tesi del socialismo tricolore ; stabilì contatti con  il federalismo di Spinelli e quello di Gianfranco Miglio; dedicò tempo e risorse all’analisi del terrorismo, lui che era stato protagonista di uno dei primi dirottamenti di un aereo in volo per Parigi come azione di solidarietà con Panagulis incarcerato dai colonnelli di Atene, che gli costò una non piacevole detenzione nelle carceri francesi proprio durante il Maggio del  1968, solo parzialmente lenita  e probabilmente ridotta grazie all’intervento di Pietro Nenni e ad una mobilitazione dei giovani socialisti fiorentini guidati da Valdo Spini.

 La ricerca che stavo effettuando era relativa al periodo ed al ruolo che Umberto e la Critica Sociale svolsero durante il rapimento Moro, essendo stato proprio il “nostro ambiente”  a Milano uno dei teatri della “trattativa socialista” (diverso da quello romano che vide protagonisti Signorile con  Pace e Piperno), che rimase riservata per molti anni : avvenne proprio nei locali di Foro Bonaparte un incontro fra Craxi e il generale Dalla Chiesa, che organizzammo sotto la regia di Umberto, con il cuore in gola e spaventatissimi, utilizzando tutti i trucchi più idioti da agenti segreti (ovviamente del tutto inutili perchè il generale, che noi non amavamo per niente, si era naturalmente ben guardato dall’affidarsi alla nostra “organizzazione” se non formalmente) per non fargli incontrare nessuno .

Naturalmente, come nelle migliori commedie tragiche, tutti i nostri maldestri accorgimenti, fra i quali far salire a piedi all’ultimo piano il povero Bettino, furono vanificati dal tempismo di un allora poco conosciuto imprenditore edile, Silvio Berlusconi, affittuario di un ufficio al piano sotto il nostro, che uscì con un cagnolino al guinzaglio sul pianerottolo non appena sentito il turpiloquio e l’ansimare del segretario arrivato faticosamente al terzo piano.

Ricordare Umberto in poche righe è difficile perché  il suo attivismo lo ha portato ad attraversare mille situazioni e ad inseguire mille idee spesso in anticipo sui tempi, senza curarsi troppo del ..tempismo delle iniziative : il già ricordato esperimento del Nuovo tabloid fallì dopo pochi mesi  ma fu il modello sul quale Scalfari disegnò il quotidiano La Repubblica;  la prima banca dati giornalistica elettronica “Consult” costruita su parole chiave fu osteggiata da colleghi infastiditi dal pensiero di dover cercare in prima persona le notizie di archivio fino ad allora chieste  al segretario di redazione ma, ancora una volta dopo l’esaurimento dell’esperimento nato nei locali di “Critica”, divenne lo standard delle prime banche dati giornalistiche italiane; il suo interesse per lo studio del mondo dell’estremismo extraparlamentare gli portò una serie di attenzioni continuate e fastidiose dell’allora ufficio politico di diverse Questure, ma le sue relazioni e indicazioni sul versante politico del terrorismo furono anticipatrici di molte delle “scoperte” successive sui legami e gli appoggi di cui le Br e altri gruppi godevano, come si può leggere in maniera spaventosamente chiara ed esplicita negli atti della Commissione Moro presieduta da Fioroni.

Il suo carattere toscano e la sua fiorentinità mai persa, nonostante fosse uno dei maggiori esperti di politica internazionale del tempo, lo portarono spesso a polemiche e scontri dai toni omerici, che certo non ne favorirono una sua valorizzazione adeguata nel mondo giornalistico come in quello politico.

Tra i tanti episodi, ne ricordo due emblematici : la polemica durissima con Oriana Fallaci, che accusò di aver scritto  “Un uomo” elevando a relazione stabile un breve flirt con Panagulis per costruire un monumento a sé stessa, che gli valse un più che discreto ostracismo nell’editoria; e il rifiuto opposto a Berlusconi a trasferirsi dal  collegio di Lodi dove era stato eletto e dove abitava, ad un altro in Piemonte nell’ambito dell’accordo con i Federalisti di Miglio, che gli costò un’immediata fine della carriera di parlamentare.

Da qualche anno, io come altri amici che erano stati sempre in grado di resistere e controbattere alle sue improvvise sfuriate che immancabilmente precedevano delle istantanee riconciliazioni, ne avevamo perso i contatti : mi piace pensare che anche all’ultima tappa del suo percorso, Umberto non abbia voluto soffermarsi a discutere del passato per proiettarsi in una nuova avventura senza remore e legami che lo appesantissero.

Buon volo, Umberto. La terra sarà certamente così lieve per te che non ti accorgerai neanche di averne avuto un tempo il peso.

1 thought on “Congedi – Umberto Giovine (Firenze, 16.10.1941- Pescara 18.11.2022)

  1. Voglio ringraziare i signori Stefano Rolando e Franco D’Alfonso per l’adeguata e non priva di sentimento descrizione di Umberto Giovine, l’assenza del quale viene tuttavia fortemente risentita da molti di noi rimasti qui.
    Storie di altri tempi, con uomini di altri tempi, ai quali noi della generazione presente possiamo solo che guardare con rispetto e meraviglia.

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