Congedi. Betty Bellesia (5.4.2023)

La prima immagine, alla notizia della scomparsa, è stata quella della memoria.

Il più bel volto della Versilia. Una sorta di angelo rinascimentale, celestiale nello sguardo e nei tratti.

Poi, certo, con il suo carattere, con la sua milanesità.

Ma sempre pronta al sorriso, all’empatia.

Con quella milanesità ha costruito una famiglia, il suo lavoro, le sue certezze.

Con quella empatia ha mantenuto viva e semplice la sua forza relazionale, il suo interesse per il prossimo.

Alessandro Papini (suo figlio che i genitori mi affidarono per una sorta di supervisione post-laurea e con cui abbiamo intensamente collaborato per anni), nel dare il triste annuncio, ha descritto questo tratto meravigliosamente umano: “Ha accompagnato al meglio possibile questo periodo di sofferenza. Ho scoperto una donna che non conoscevo, capace di un amore anche nei momenti più duri, una donna di grande e ferma dignità, ma soprattutto un’irriducibile amante della vita”.

Da ragazzi le nostre estati ci rendevano uniti per la pelle. Poi la vita ci rende mobili, i rapporti più rarefatti.

Eppure, la non lontana ultima occasione di stare insieme – con Mimmo, con Giorgio, con mia sorella Alessandra – nella mia casa a Milano è stata di trovare Betty con il tratto con cui la descrive suo figlio. Vitale e affettiva.

Così, le persone care di una vita ti appaiono immortali.

Così, come scrive di recente Massimo Recalcati in una visione possibilista sull’oltre, ti appare visibile quella luce che spegne un corpo ma non una vita.  

E su questa scia ritrovi anche la forza di pensare che ci ritroveremo.

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