Congedi. Michele Achilli (Milano, 22 luglio 1931 – Milano, 4 agosto 2023)

Nel 2020 Michele Achilli (che per una legislatura da senatore – dopo quattro da deputato – fu presidente della Commissione Esteri del Senato della Repubblica dal 1987 al 1992, periodo in cui ebbi con lui le prime e personali frequentazioni) prese la decisione di riaprire il suo dossier di esperienze internazionali e di dar conto in particolare del periodo precedente, cioè il periodo 1981-1983,  partendo dalla raccolta del settimanale Nord  Sud, che lui dirigeva, che ha avuto al centro in prevalenza  la questione dei sud del mondo. Trattata da una testata senza la “e” per distinguere questa nuova tematica dalla rivista italiana di cultura meridionalistica Nord e Sud (titolo anche di un pamphlet di Francesco Saverio Nitti) che ebbe in Francesco Compagna il suo principale direttore.

Con i “sud del mondo” si intende largamente la “questione africana” in epoca in cui essa era ancora all’ordine del giorno reale dell’Europa e dell’Italia, ma in realtà anche i principali nodi del multilateralismo e oggi si direbbe della geopolitica vista dall’Europa ma non necessariamente con sguardo “eurocentrico”, quanto piuttosto tra le pieghe del ruolo che l’Internazionale Socialista dedicava alla politica globale.

L’approccio lo inquadra bene Alberto Benzoni, che fu vicino a Michele Achilli nella sua piccola ma coesa e combattiva corrente di sinistra nel Psi e quindi parte di quell’esperienza editoriale.

L’approccio – scrive Benzoni nella prefazione al libro edito da Biblion – riguardava un preciso riferimento al trattamento da noi dell’espressione stessa “Terzo Mondo”: “Appena pochi anni prima, l’allora “terzo mondo” era stato una specie di paradiso artificiale  a uso e consumo dei sognatori di una rivoluzione ormai rivelatasi impossibile in Occidente. Sono i “muchos Vietnam” di Che Guevara, i mille fuochi guerriglieri accesi nelle boscaglie più sperdute ma necessari e magai anche sufficienti per sconfiggere l’imperialismo americano. E’ il mito del socialismo arabo e, già che ci siamo, anche africano; e di una rivoluzione palestinese in grado di trasformare il retroterra orientale e di offrire così a Israele, da posizione di forza, l’alternativa tra guerra e pace, il mitra o l’ulivo. È lo scontro, tutto ideologico, tra Russia e Cina, tra i sogni dei reduci del ’68 e ola pesante saggezza dei partiti comunisti. Nulla di tutto questo che offra il minimo appiglio alla cultura e alla prassi del socialismo democratica”.

Basterebbe questa annotazione per comprendere l’attualità di questa documentazione rivisitata (con testi introduttivi e poi anche con materiali riguardanti l’iniziativa politica e parlamentare) rispetto ai nodi attuali dello scenario globale con tracce (peggiorate) di continuità, ma anche con l’evolversi del disimpegno europeo e italiano soprattutto sulla questione africana al centro di ulteriori convulsioni in questi giorni.

Michele mi mandò questo libro per sollecitarmi una riflessione sulla connessione di quel suo più ampio tema con un’altra antinomia in evoluzione, quella del nord e sud italiano.

Gli girai subito i materiali di una conferenza Sud-Nord (non casualmente rovesciato) promossa da Fondazione Nitti e Fondazione Merita nella Villa Nitti di Maratea.

La ripromessa era stata quella di fare qualche elaborazione in più sul nesso. Poi – pandemia e altro – il tempo è spesso mangiato da ciò che Ennio Flaiano chiamava “minora praemunt”.

Dedico questo riferimento al suo ultimo libro, perché per chi ha avuto una vita così intensa e coerente, le tracce del pensiero sono,  nel tempo, forse più importanti delle tracce di tante azioni perseguite. O comunque quelle che prolungano un po’ la piccola scia luminosa della nostra sempre breve vita. Anche quando si è raggiunta la soglia dei suoi eccellenti 92 anni.

Mi dispiace di non ritrovare qualche immagine insieme, se non questa in cui lui è nella “seniority” di un evento che con Piero Bassetti avevamo promosso al Circolo De Amicis nel maggio del 2011 di quel “gruppo dei 51” che sostenne (con successo) da posizioni “borghesi progressiste” la fine del berlusconismo a Milano per Giuliano Pisapia sindaco. Ricordo quel passaggio solo per segnalare in più che, oltre ai sud del mondo, Milano era stata per tutta la sua vita nel suo cuore, di politico, di intellettuale, di architetto e urbanista.

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