Congedi. Francesco Alberoni (1929-2023)

Stefano Rolando

(FB 15.8.203 h. 10.28)

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Condivido il commento di Umberto Melotti alla notizia della scomparsa di Francesco Alberoni, quasi 94 anni, soprattutto perché contiene notizie non scontate sulla sua biografia, che viene di solito limitata ad argomenti popolari ma meno profilata su alcuni tratti che hanno significato per molti anni e anche nel contesto milanese, una personalità innovativa e non conformista.

Fu lui che, disegnandomi un futuro radioso, ebbe insistenza per farmi scegliere, ormai a una certa età, il rapporto “di ruolo” con l’università. Argomento che abbiamo commentato con un certo umorismo più volte, mantenendo un affettuoso legame fin qui. Pur nelle varie differenze di vedute. Gli sono debitore anche di una recensione al suo libro recente, fuori linea rispetto alla sua saggistica popolare, ” Il rinnovamento del mondo”, storia della contemporaneità dopo la caduta del muro di Berlino. Me lo mando’ per ragioni mirate. Che onorero’.

Umberto Melotti

15.8.2023 h. 9.20

Apprendo la morte di Francesco Alberoni.

Lo avevo visto per l’ultima volta qualche anno fa, alla Società Umanitaria, dove era presentato un libro non suo, ma su di lui: una corposa biografia che però non ho letto. Avevo notato le sue cattive condizioni fisiche, in contrasto con la sua lucidità mentale. Mi aveva riconosciuto subito, anche se erano tanti anni che non ci incontravamo. In sala c’era uno solo dei suoi numerosissimi allievi (Marino Livolsi) e la cosa mi era parsa una manifestazione d’ingratitudine, dato che ne aveva aiutati e valorizzati molti, prima alla Cattolica e poi a Trento. Ma l’ingratitudine era un tema da lui ben conosciuto, cui aveva dedicato un mirabile articolo sul “Corriere”, che mi è tornato in mente più volte.

Non era soltanto un sociologo, ma un personaggio poliedrico. Laureato in medicina, si era specializzato in psicologia e poi aveva collaborato con varie imprese (sua è l’invenzione del marchio “Mulino Bianco” per la Barilla e la proposta, allora innovativa, a una ditta che non ricordo, di produrre biancheria intima femminile non solo bianca).

Nel campo sociologico i suoi contributi più notevoli sono sui “movimenti collettivi” (e dei miei primi lavori aveva apprezzato proprio quelli che in qualche modo rientravano in tale categoria).

Da giovane, era una figura brillante e anti-conformista. Ricordo la sua apparizione al primo convegno nazionale di antropologia culturale a Perugia, in camicia rosa, mano nella mano all’allora giovanissima Laura Bonin, in minigonna, che sarebbe poi diventata la sua seconda moglie. Una relazione che gli costò l’allontanamento dall’Università Cattolica. Ma non si può dire che nell’amore, che aveva studiato e teorizzato nei suoi lavori più noti, sia stato molto fortunato. Delle sue tre mogli, di gran lunga la migliore era stata la prima.

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