Il testo predisposto per l’intervento, in qualità di membro del Consiglio di Più Europa e come presidente di Partitodiazione, al congresso in corso a Milano, testo ridotto a 7′ di esposizione a braccio, sabato 26 gennaio 2019 alle ore 10.
L’intervento pronunciato in Radioradicale
https://www.radioradicale.it/scheda/564023/uniti-forti-primo-congresso-nazionale-di-europa-seconda-giornata
dal minuto 40’07” al minuto 50’25”
Congresso di Più Europa – Milano 25-27 gennaio 2019
Intervento di Stefano Rolando
Ringrazio Più Europa per avermi – in senso ampio, comprendendomi nei suoi organi e concedendomi qui di parlare – consolidato quel “diritto di parola” che, dopo lungo servizio alle istituzioni, da qualche anno ho ritenuto di concedere a me stesso, sia pure fino a pochi giorni fa senza militare in un partito.
Lo faccio anche come espressione di un cantiere politico che si richiama alla cultura post-azionista, con un riferimento alla lezione storica del Partito d’Azione, pur con tutti i distinguo che la storia obbliga a fare. E quindi a nome di chi con vari radicamenti e attraverso anche associazioni e fondazioni sta insieme a me consolidando una sorta di sintesi di quegli approcci liberaldemocratici e liberalsocialisti (Lib-Lab) maltrattati certamente dalle vicende della seconda repubblica. Ma anche dalla “maledizione” (così la chiama Emma Bonino nella prefazione ad un mio libro di imminente uscita su questa esperienza) che ha prodotto tra le tante anime di questa cultura politica più conflitti che sintesi. Alcuni di loro sono qui presenti a questo congresso perché con Più Europa vi è stato dialogo e verifica di affinità.
Così che io stesso ho ritenuto di iscrivermi e dopo oltre trent’anni di non appartenenza (in gioventù qui a Milano ero stato segretario dei giovani repubblicani e poi tra gli anni ’70 e ’80 ho partecipato intensamente al nuovo corso riformista dei socialisti, soprattutto nel campo delle politiche culturali e dell’informazione) considerando poi l’appartenenza non compatibile con il servizio pubblico di ruoli istituzionali. Riprendendo tuttavia negli anni recenti condivisioni di principio con i radicali (fino alla partecipazione alle elezioni in Lombardia nel 2010) e soprattutto animando l’idea del civismo progressista nel quadro di esperienze positive e fruttuose (tra cui – in condivisione con tanti amici, tra i quali Bruno Tabacci – lo spostamento dell’elettorato dal centrodestra al centrosinistra in occasione del successo di Giuliano Pisapia nel 2011, quando furono dimezzati i voti storici personali di Berlusconi alle amministrative a Milano).
Questa tessera di Più Europa è un atto di fiducia per la formazione di un gruppo dirigente e per una aggregazione che vuole appunto più Europa e che cerca di modificare il modello di partecipazione alla politica fondata sulle clientele, anche nel quadro del centrosinistra; che cerca di disegnare futuro senza tagliare storia e memoria.
Ho ritenuto di ricambiare il gesto che Gianfranco Spadaccia ha fatto nell’assemblea costitutiva di Partotidiazione iscrivendosi – come è costume del rapporto dei radicali con le alleanze di principio – e per ringraziare Emma di molte attenzioni tra cui la citata prefazione che argomenta le affinità a cui ho accennato.
Nella relazione introduttiva di Benedetto Della Vedova ho trovato molti punti in cui riconoscersi. Certamente il tema del diritto di parola restituito a soggetti oggi ai margini della democrazia rappresentata. Certamente il tema del patto generazionale che non significa posti conservati per gli anziani ma sinergia tra le necessarie discontinuità e le radici esperienziali. Certamente la prospettiva di lavoro di dare contenuti alla priorità europea.
Fuori sacco vorrei anche dire che ho trovato questa mattina disdicevole il silenzio integrale della stampa maggiore a proposito dell’avvio di questo vivace e affollato congresso a Milano di una soggetto politico che difendendo la democrazia liberale dei contrappesi difende anche la libertà di stampa in questo momento.
Con il saluto e l’augurio a +EU di uscire con forza e unità da questo congresso mi limito a pochi punti.
- Le radici di cultura politica nel far politica oggi. Giusto non tagliare le memorie, giusto lavorare per sanare conflittualità ficcate nell’età delle divisioni ideologiche. Non è retorica riconsiderare i valori fondanti della cultura costituzionale repubblicana e ripassarne la modernità, nel momento in cui la politica italiana in maggioranza approda all’attacco della democrazia liberale, ovvero al principio preservato faticosamente dei contrappesi e sta rifiutando per l’Europa e per l’Italia il sogno appunto azionista del federalismo per scegliere di nuovo ciò che fu veleno nel ‘900, il nazionalismo intrecciato al populismo. Esattamente la miscela che pose fine alla democrazia attiva cento anni fa in Italia.
- La necessità di radicamenti sociali che consentano di puntare insieme a equità e a crescita. Ho letto il libro del direttore della Stampa Molinari sul perché dell’insorgenza populista in Italia. Tra le cause una sinistra che ha deciso di non stare più con i perdenti ma preferibilmente con i vincenti. C’è molta insistenza su questo tema di avere abbandonato le fabbriche a favore dei salotti, di avere distolto lo sguardo dagli emarginati per preferire gli integrati. E’ giusto ricordare sempre la necessità strategica di operare a favore del bisogno e di trovare soluzioni alle iniquità. Ma è altrettanto giusto tenere sempre sotto pressione valoriale ed etica quella componente dei ceti produttivi e innovativi che agisce per assicurare posto politico al “merito”, ovvero per sostenere la ricerca di margini che consentano per tutti politiche sociali eque e soprattutto condizioni di competitività.
- Circa i modelli della partecipazione al far politica, stiamo vivendo una diffusa tendenza alla disintermediazione e quindi alla modifica dei modelli di partito in senso di comitati elettorali in pertenne campagna elettorale. Non dobbiamo predicare il passatismo e non dobbiamo non comprendere la rivoluzione dei sistemi comunicativi interattivi che ci consegnano anche più accesso alla conoscenza. Ma non dobbiamo nemmeno gettare alle ortiche la democrazia rappresentativa a favore della pseudo democrazia della rappresentazione. Come diceva Norberto Bobbio “non è vero che il difetto del sistema è quello di essere rappresentativo, ma di non esserlo abbastanza”. Mi limito ovviamente all’accenno al tema. Ma mi impegno a lavorare – anche per affinamenti del mio specifico lavoro universitario sulla materia – a nuove condivisioni che corrispondono a punti di ricerca della cultura della democrazia liberale in tutto l’Occidente. Si discute troppo di offerta politica e di “posizionamento” e troppo poco di lavoro sociale per migliorare, qualificare e non consegnare alla demagogia la domanda politica. Ricordiamoci sempre che metà degli italiani agiscono come analfabeti di ritorno e che – monito perenne di Hannah Arendt – le attuali giovani generazioni presentano un tasso troppo alto di difficoltà di distinguere il vero dal falso.
- Questa Europa che difendiamo ha bisogno di rigenerazione e cambiamenti. Difendendola talvolta si è costretti ad omologare l’esistente. Non è solo questione di destra e sinistra, di europeisti a parole contro sovranisti a parole. L’Europa ha smarrito la sua narrazione su principi avvertibili – in particolare dalle nuove generazioni – come messaggi identitariamente forti. Quindi comunicazione zero e alla fine sommovimento valoriale zero. Come si fa a difendere poi i valori scritti nei Trattati se quei valori sono comunicativamente marginali? Il disegno federalista deve essere ripercorso in tutte le sue moderne sostenibilità e nella lettura del nuovo quadro conflittuale che emerge nella globalizzazione. Su questo ho apprezzato le considerazioni di Benedetto Della Vedova spronandolo alla diplomazia della sfida su questa materia.
- Parimenti non possiamo e non vogliamo passare il tempo a limitarci a criticare chi critica. Cioè la necessità di additare la veemenza anti-qualcosa sempre, costruendo nemici sempre, che gli attuali partiti di governo mettono nella loro comunicazione politica, non ci deve indurre a smettere di criticare con razionale analisi le cose che non vanno bene endemicamente nel nostro paese. Il costume polemico dei gialloverdi non ci deve distogliere da un costume di etica pubblica in cui resta un posto all’indignazione civile e alla difesa di istituzioni che se non vengono modernizzate diventano indifendibili. Ho conosciuto Marco Cappato nel suo impegno europarlamentare e poi lo ho visto in azione in battaglie su questioni molto determinate, per sapere che su questo punto non sarà mai uno che si accontenta.
- Ultimo punto. Presiedo in una piccola regione del sud, la Basilicata, una fondazione che si richiama a un grande italiano liberaldemocratico, Francesco Saverio Nitti e parlo oggi nel 2019 in pieno centenario del suo governo (Giuliano Amato presiede il comitato delle celebrazioni) che si sforzò di mettere modernizzazione e democrazia contro l’insorgenza del populismo dannunziano e del metodo squadrista del fascismo. E perse la battaglia finendo per venti anni in esilio. Noi dobbiamo riprendere con vigore il dialogo nord-sud sul merito, il talento, sulla convergenza creativa e progettuale, sulle ragioni delle strategie euro-mediterranee, sul tema dello stare in Europa nella sintesi delle nostre diversità. Post-azionismo significa anche leggere questo tema nel quadro di uno spirito neo-risorgimentale necessario per restituire dignità e identità alle nuove generazioni.
- E in questo quadro, infine, Milano appare certamente come un modello di riferimento, ma sul quale è necessario – la cosa vale per tutti i partiti al governo della città – lavorare con più intensità, persino meno paghi di successi acquisiti e più decisi nel mantenere non solo obiettivi economici ma anche sociali e civili.
Vorrei in conclusione portare al congresso anche il video-messaggio di Gianna Radiconcini, presidente onoraria di Partitodiazione che è stata una giovane appartenente al Partito d’ Azione storico e il saluto di alcuni membri di questo partito-movimento-cantiere, tra cui il segretario Andrea Lorusso, che hanno compiuto la fiduciosa iscrizione a Più Europa.