“Se você disser que eu desafino amor / Saiba que isso em mim provoca imensa dor”.
Era il 1960, quando mia madre portò a casa il 45 giri di João Gilberto, che diventerà il paradigma della Bossa Nova e una colonna portante del cantautoirismo brasiliano.
Mia madre era per la modernizzazione, nell’arredamento, nell’arte, nel rapporto con la città, nelle forme sociali, nelle letture. Con “Desafinado” ci fece entrare negli anni ’60. Alla fine di quel decennio – chissà, anche per quella minuscola scelta – scrissi poco più che ventenne il mio primo (azzardato) libro di sintesi sulla storia del Brasile che La Nuova Italia giudicò meritevole di pubblicazione e che andò in finale “Opera prima” al Viareggio. E da quel 1960 il Brasile – paese gigante di poeticità e di contraddizioni, con una ineludibile presenza italiana – diventerà un luogo per me di amicizie, di studio, di lavoro, di impegno per i diritti civili e umani, di sguardo diverso alle nostre comuni storie.
Saluto così nel giorno della sua scomparsa João Gilberto.

João