Contro l’indifferenza. Con gli occhi alla storia e all’attualità.

Il forte atto del presidente Mattarella di dar voce istituzionale “a vita” alla nostra Liliana Segre, questa sera si capisce fino in fondo. Giornata della memoria in una campagna elettorale che si svolge in mezzo a un diffuso rigurgito fascista e razzista.
Ottima l’intervista di Enrico Mentana. E ottimo il colloquio di Walter Veltroni con Sami Modiano. Da anni parlano ai ragazzi perché – come dice Modiano – “quando noi non ci saremo più loro saranno lì per impedire che quello che è stato torni ad essere possibile“.
Mentre ascoltavo queste due testimonianze – emotiva e umana quella di Modiano; tesa, analitica e sociale quella della Segre – trovavo sempre più sensate le domande di Mentana su di noi, sulle nostre famiglie “ariane”, largamente indifferenti, sui tanti che hanno visto senza reagire, sui tanti che hanno saputo senza agire.
Ho pensato con gratitudine a mio padre che per salvare i suoi centoventi uomini di una compagnia dell’esercito italiano condannati altrimenti a diventare topi in trappola nelle isole greche li ha portati sulle montagne insieme ai greci a fare “resistenza” senza mai vantarsene nemmeno una volta nella sua pur breve vita (raggiunto poco prima di andarsene da una tradiva medaglia al valore militare per atti eroici). E ho pensato con gratitudine ad una magnifica figura di medico, come il dottor Fred Sedel (sono con lui nella foto a Parigi negli anni ’80), che mi regalò il suo “Abitare le tenebre” editato qualche tempo dopo il suo “ritorno impossibile” dai campi di sterminio, covando con discrezione il pensiero che fosse possibile tradurre quel libro scritto in francese anche in lingua italiana. In anni in cui gli editori ti dicevano (e lo avrebbero detto ancora per anni) che ormai si sapeva tutto di quel genere di testimonianze. Mentre ognuna di quelle testimonianze – questa sera in tv era così chiaro – è diversa dalle altre ed è una lezione straordinaria per ogni nuova generazione. L’anno scorso ho cominciato a tradurre quel libro. Poi la traduzione si è rallentata…perchè… c’erano tante cose da fare. E questa sera ho preso con me stesso l’impegno che, qualsiasi siano le incombenze della vita in questo (per me rilevante) 2018, io finirò la traduzione di quel testo.

La traduzione delle prime dieci righe del dottor Fred Sedel è questa:
Avevo ritrovato il gusto del camembert come un bambino che lo assaggia per la prima volta. Pesavo trentanove chili, mi sentivo debole, con le tracce addosso delle violenze subite, delle malattie che avevo miracolosamente fronteggiato. Ma come era bello il sole, come era dolce l’aria, come era bella la vita! L’insperato era successo: la mia compagna mi aveva aspettato attraverso mille vicissitudini e contro ogni speranza logica. Io non avevo più niente, lei mi conferiva tutto. Mi ha rivestito, mi ha riscaldato, mi ha insegnato di nuovo a mangiare. Tutto era stupore: rimettermi a tavola davanti a una tovaglia e a dei piatti, servirmi il coperto, avere di nuovo un portafoglio, un accendino, una penna, una casa, una famiglia, un figlio di diciassette mesi di cui ignoravo l’esistenza. Nel corso di quei primi cinque mesi riassaporavo la mia rinascita. Era estate, poi autunno. E dovevo riprendere la mia attività di praticante. Nell’attesa mangiavo e dormivo. Lentamente anche i miei capelli tornavano a crescere, con il loro ritmo. Il mio corpo tornava a muscolarsi. Riprendevo peso“.

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