Congedi. Giusi La Ganga (5.5.1948-23.10.2020)

Avevamo attorno ai diciotto anni – coetanei, del ’48, lui forse più giovane di un paio di mesi. E ci ritrovammo a Roma membri del direttivo nazionale eletto del movimento studenti medi. Lui tra i socialisti, io tra i repubblicani. E tutti quanti come se lì si mettesse il primo mattone di un pezzo di democrazia che allargava la partecipazione alla generazione ancora senza voto e che quindi “valeva di più”.

In realtà eravamo ormai alle viste del ’68 che avrebbe in poco tempo spazzato via non solo quel mattone ma tutto l’edificio della democrazia rappresentativa (non è che la bandiera della “democrazia diretta” l’hanno issata per primi i 5S, i primi sono stati quelli che marciavano con i “katanga” a fare il servizio d’ordine).

In quella bolgia facemmo in tempo a dirci che facevamo il classico – lui a Torino e io a Milano – che lui si stava dedicando alla figura di D’Azeglio e io a quella di Cattaneo.

Di recente, dopo 50 anni – e un’amicizia che continuò – tenni un pomeriggio una conferenza a Roma sulle ragioni di interesse oggi del ripensamento dell’ispirazione azionista. Mi aspettavo solo qualche “cane sciolto” deluso dai partiti. Non un robusto navigatore di quei partiti (prima il Psi e di recente il Pd, con il convincimento che post-socialisti e post-comunisti avevano il compito di riconciliarsi) che ascoltò tutto (anche sulle difficoltà di certe riconciliazioni) con l’educazione che hanno i piemontesi. E mi salutò dicendo che in fondo non eravamo cambiati molto.

Una corsa da un lato all’altro di un fazzoletto. Magari era arrivato il tempo di riannodare un po’ di cose, selezionarle meglio, capire anche generazionalmente quelle che anche per i professionisti – come lui – della politica restano ancora cariche di ambiguità. Mi accontento che sia stato possibile dirci almeno che ci vedevamo ancora con delle coerenze. Mi dispiace tanto.

Un abbraccio Giusi. Mi sono dimenticato di dirti che anche il tuo D’Azeglio e il mio Cattaneo avrebbero oggi amare parole vedendo quanto sia lungo il cantiere del “fare gli italiani”.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *