
27.9.2021
Lascio naturalmente alle donne il diritto di “parte civile” di discutere ciò che è stata parte di immediata e comprensibile polemica in questa vicenda.
Per le cose che mi riguardano – presiedendo una Fondazione legata a un grande nome post-risorgimentale italiano, come quello di Francesco Saverio Nitti, di famiglia garibaldina e che abitava nel paese limitrofo a Sapri, cioè Acquafredda di Maratea – ritengo doveroso intervenire sulle penose argomentazioni dello scultore Emanuele Stifano e in particolare additando l’insensatezza della Committenza istituzionale della statua.
Oggi su Facebook.
Sono allibito e sconfortato da quanto sto leggendo. Mi sono state rivolte accuse di ogni genere che nulla hanno a che vedere con la mia persona e la mia storia. Quando realizzo una scultura tendo sempre a coprire il meno possibile il corpo umano, a prescindere dal sesso. Nel caso della Spigolatrice, poiché andava posizionata sul lungomare, ho “approfittato” della brezza marina che la investe per dare movimento alla lunga gonna, e mettere così in evidenza il corpo. Questo per sottolineare una anatomia che non doveva essere un’istantanea fedele di una contadina dell’800, bensì rappresentare un ideale di donna, evocarne la fierezza, il risveglio di una coscienza, il tutto in un attimo di grande pathos. Aggiungo che il bozzetto preparatorio è stato visionato e approvato dalla committenza. A chi non mi conosce personalmente dico che metto in discussione continuamente il mio operato, lavorando con umiltà e provando sempre a migliorarmi, lungi da me accostarmi ai grandi Maestri del passato che rappresentano un faro che mi guida e mi ispira.
Guardi, stimato scultore Stifano, io non credo si debba ingiuriare un artista. Dunque la difendo da ogni insulto, comunque formulato e da qualunque provenienza. In più prendo atto delle sue intenzioni. Però non trovo nemmeno un soffio d’arte, ovvero una minima brezza ispiratrice, nel guardare un monumento che dovrebbe integrarsi con una storia terribile, sia di malinteso rivoluzionarismo, sia di drammatica violenza proletaria, una delle pagini più inquietanti del Risorgimento italiano. Rispetto a cui il punto più in evidenza della sua opera pare voglia sottendere – lei lo nega, ma la lettura è legittima – una storia di sfottò storiografico, del tipo “cari Trecento, eravate giovani e forti, ma ve la siete proprio andati a cercare”. Rimane la mia difesa umana, ma chi fa monumenti se non entra nel “plot” storico dovrebbe limitarsi a fare i basamenti.