Nell’ambito della ricerca dell’Istituto di studi politici “San Pio V” di Roma su
LA COMUNICAZIONE POLITICA. EVOLUZIONE DI STRATEGIE, MODALITÀ, LINGUAGGI
a cura di Giorgio Ridolfi e Stefano Sepe
Intervista a Stefano Rolando [1]

contenuta nella seconda parte del saggio Slogan machines. La comunicazione politica nell’era del populismo, edito da Rubbettino (2021)

Quali sono i principi di etica civile in base ai quali andrebbe sviluppata una corretta comunicazione politica? Può indicarne almeno tre?
Non limitarsi all’esclusivo driver del marketing elettorale.
Concepire, nel perseguimento di rapporti non occasionali o casuali, un format di ascolto che, per altro migliorando anche l’efficacia comunicativa, consenta ai flussi condizioni di ritorno e comunque di verifica.
Citare le fonti nel trattamento dei dati.
Conoscere profondamente il discrimine tra l’accompagnamento, a volte necessariamente suggestivo, di una acculturazione civica dei cittadini e la propaganda (che è una macchina che divora sempre la verità).
Qual è il ruolo della comunicazione politica nei processi di costituzione dell’identità – culturale, politica, etnica?
Sollecitare le ragioni di appartenenza in relazione alle dinamiche conflittuali risolvibili in chiave democratica e partecipativa.
Costruire i percorsi (in democrazia naturalmente diversificati) di quella che Paolo Pombeni (La buona politica, 2019) chiama “il riconoscimento della propria collocazione in una comunità di destini”.
Quali effetti ha la semantica della trasparenza, in largo uso nel dibattito attuale, sulla comunicazione politica e sugli istituti rappresentativi della democrazia?
Se per “trasparenza” si intende esplicitazione delle fonti e contrasto alla deriva denigratoria ciò manca ancora di adeguati e pressanti presidi.
Se per “trasparenza” si intende la doverosa protezione delle persone rispetto all’assoggettamento a un modalità opaca e manipolatoria di utilizzi commerciali o propagandistici di informazioni personali, siamo addirittura nel far west protetto in modo complice e inqualificabile da filiere di interessi (economici e politici).
Quali sono, a Suo avviso, le tre/quattro caratteristiche peculiari della comunicazione politica in Italia? Indichi quali sono, a Suo giudizio, gli aspetti virtuosi e quelli maggiormente negativi della mutazione genetica della politica registratasi negli ultimi decenni?
Aspetti negativi
La sostituzione della spiegazione con l’evocazione del mistero (il rischio immotivato, la paura indefinita, il pericolo imminente non argomentato).
L’eccesso della concentrazione comunicativa sulla leadership rispetto al patrimonio storico, teorico ed esperienziale del partito e della comunità che lo costituisce.
La riduzione del dibattito delle idee alla delegittimazione personale dell’avversario.
Aspetti virtuosi
Riaccendere – anche traverso una certa ruvidezza di trattamento – un interesse soprattutto giovanile per la politica che appariva del tutto sopito.
Semplificare la tendenza alla verbosità e alla vaghezza contestuale delle tradizionali narrazioni politiche.
La comunicazione politica e la comunicazione istituzionale hanno, per definizione, ambiti separati, ma “pubblici” omologhi (i cittadini). Quali sono gli elementi di tipicità di ciascuna? E quali le possibili convergenze? Quali, all’opposto, le alterità irriducibili?
Tipicità/Convergenze
La comunicazione politica esprime posizioni di legittima faziosità in ordine a progetti di normazione e valutazioni sull’andamento del rapporto tra norme e qualità sociale.
La comunicazione istituzionale esprime un servizio di chiarificazione in ordine ai contenuti di norme varate e in ordine all’accesso ai servizi.
Da questo punto di vista la specificità rende diverse e autonome le due aree di intervento affidate la prima ad organi espressione della responsabilità politica e la seconda a organi espressione delle funzioni e delle competenze amministrative.
Alterità
La trasformazione conflittuale di questo schema è frequente. Così come sono frequenti le invasioni di campo che si manifestano con un eccesso di dipendenza dalle ragioni della politica dell’insieme della comunicazione generata da soggetti pubblici; ovvero con un eccesso di silenziamento o di insufficiente servizio di spiegazioni generato per lo più da espansione dei ruoli burocratici.
Quali sono gli obiettivi propri della comunicazione politica, oltre la ricerca del consenso? Può indicarne tre in ordine decrescente di importanza?
Concorrere al disvelamento dei contenuti e delle implicazioni del processo normativo e regolatorio.
Concorrere all’incremento della fiducia da parte dei cittadini nel sistema politico-istituzionale.
Dimostrare qualità e competenza della rappresentanza politico-istituzionale.
Una comunicazione politica sempre più spettacolarizzata e orientata ad alzare il tono di voce per farsi largo nel mare magnum dei messaggi diffusi in Rete rischia di allontanare progressivamente le persone dalla politica, favorendo il disincanto, il qualunquismo, l’incapacità di distinguere la validità di una proposta politica o di una determinata iniziativa amministrativa. Crede sia possibile cercare di invertire questa tendenza?
Non sono certissimo che, i fenomeni di rialzo della temperatura, della litigiosità, dello scontro – pur risultando complessivamente fenomeni sgradevoli e tendenzialmente riprovevoli – siano rispetto a tutti i target fonte di “disincanto”, di “qualunquismo”, o di “azzeramento della capacità di distinguere”. Credo che il quadro degli effetti sia più articolato, raggiungendo in alcuni ambiti anche l’effetto opposto.
Tuttavia dovendo prevalere un contenuto e una forma di accompagnamento civile alla comprensione dei processi (in ordine a cui la situazione italiana segnala il 47% di analfabeti funzionali) si pone il problema di favorire regole, soprattutto nel processo di mediatizzazione, che avranno presa soltanto se sarà dimostrabile il rendimento di diffusione, penetrabilità e induzione di buona reputazione.
Lei ritiene che vi sia una positiva correlazione fra il fenomeno del populismo e le forme e i mezzi della comunicazione politica attuale? Se sì, in che modo tale corrispondenza si è verificata?
Se per populismo si intende modificare gli indirizzi e le priorità della politica dal primato degli interessi generali al primato dei convincimenti ovvero delle percezioni popolari, al fine di ottenere consenso elettorale da amministrare poi con atti di parziale omissione della rappresentazione realistica dei processi o altre forme di manipolazione della verità, la correlazione appare evidente.
Fenomeno non nuovo nella storia del mondo e plasticamente rappresentata nel ‘900 da due figure (rappresentanti di paesi tra loro anche in conflitto) che sono diventati archetipi del populismo e dell’anti-populismo: Juan Domingo Peròn e Winston Churchill. Il primo osannato e mitizzato fino all’ultimo suo giorno di vita. Il secondo congedato dall’elettorato dopo aver salvato la Nazione.
Guardando così alla storia e al modo di concepire anche oggi il rapporto con la cultura di governo, l’espressione populismo andrebbe più correttamente riferita al concetto di “demagogia”.
Quali atteggiamenti e soluzioni critiche alle forme attuali di esercizio del potere forniscono, a suo parere, strumenti utili per fronteggiare la questione della post-verità e l’invasione delle cosiddette fake news?
Il mantenimento di una legittimazione dei processi di mediazione professionale nel trattamento dell’informazione, correlati a riferimenti costanti di tipo deontologico.
La costituzione, prevista da norme generali ma attuata dall’impresa giornalistica per convincimento di “interesse”, di dipartimenti di controllo interno sulla legittimità delle fonti e delle notizie (fact checking).
Il contenimento della tendenza del sistema dei media e delle stesse istituzioni a favorire l’uso dei sondaggi rispetto all’uso delle statistiche (favorendo quindi drammaticamente più la percezione che la realtà).
In relazione alla sua esperienza quali sono i social network più efficaci per creare un dialogo efficace e produttivo con gli utenti? E in che modo possono essere utilizzati?
L’utilizzo dei social media nell’ambito della comunicazione istituzionale è oggetto di analisi e discussioni da molti anni. Non c’è una regola generale e la questione non andrebbe trattata prescindendo dalla specificità delle funzioni e delle competenze istituzionali e dal modello di interazione concretamente posto in essere nei doversi format dei principali network.
Basterà pensare che in questo segmento si riversa una crescente marea di flussi attorno a cui agiscono – con immense manipolazioni – tutti i soggetti implicati nei processi di spionaggio e di anti-spionaggio.
Tra gli attuali leader politici italiani può indicare un nome, rispettivamente riferito a:
1. Efficacia – Matteo Salvini (in relazione alla velocità e alla dimensione della performazione elettorale; tuttavia con parabola ad un certo punto discendente a causa di una sorta di caricaturalità della comunicazione stessa).
2. Correttezza – Paolo Gentiloni (in relazione, in questi anni, ad uno dei più ridotti ambiti di contrasto degli avversari politici)
3. Credibilità della comunicazione – Pierluigi Bersani e Mara Carfagna (per il ruolo di “minoranza” che esprimono nei rispettivi schieramenti).
[1] Professore di Teoria e tecniche della comunicazione pubblica e di Comunicazione pubblica e politica all’Università IULM di Milano (di ruolo dal 2001 al 2018, tuttora in attività di docenza e ricerca). In precedenza: direttore generale e capo del Dipartimento Informazione ed Editoria alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nel corso delle esperienze è stato anche: membro del Consiglio Superiore delle Comunicazioni; rappresentante italiano nel Consiglio scientifico Unesco-Bresce; componente Corecom Lombardia. E in ambito aziendale dirigente Rai, Istituto Luce (come dg) e Olivetti.
Il 19 ottobre 2021 il sito online Stroncature ha ospitato la presentazione di
“Slogan machines. La comunicazione politica nell’era del populismo” a cura di Giorgio Ridolfi e Stefano Sepe.
Con i curatori hganno dialogato Corrado Del Bo e Michele Sorice. Quiesta la videoregistrazione della discussione.