L’analisi di Eurobarometro (pubblicata in questi giorni) è stata svolta prima della guerra in Ucraina. Percezione dell’appartenenza all’Europa, situazione economica e fiducia nelle prospettive. Il sentimento europeo tiene, l’ottimismo batte il pessimismo. Circa l’uscita economica dalla crisi è vista male da quasi il 60%. In ogni caso in Italia tra fiducia e sfiducia nella UE la partita è ancora pari e in Francia (come si vede dal dato elettorale di ieri) il dato sulla sfiducia è il più alto in Europa (56%). L’italiano Roberto Santaniello nuovo responsabile di Eurobarometro.
Stefano Rolando
Sul giornale online l’Indro 11 APRILE 2022
Eurobarometro è lo storico strumento di analisi demoscopica che la UE ha promosso a metà degli anni ’70, allora per iniziativa di un mitico funzionario della Commissione, Jacques-René Rabier, che è stato capo di gabinetto di Jean Monnet. Da poco la Commissione ha messo un italiano a capo di questa struttura che coordina le indagini affidate ad agenzie specialistiche diverse nei paesi membri. E arriva in questi giorni il primo dossier di una cinquantina di pagine che toccano questioni di viva attualità, sia pure prima dello scoppio della guerra in Ucraina.
L’italiano in questione è Roberto Santaniello, già direttore della sede della Commissione a Milano, poi responsabile della comunicazione alla Rappresentanza a Roma e ancora a Bruxelles nella DG che ha la competenza su questa materia.
È un reputato studioso del processo di evoluzione dell’Europa (di cui ha scritto a più riprese per il Mulino), appartiene alla filiera dei “federalisti”, sulla scia di Altiero Spinelli e soprattutto di Pier Virgilio Dastoli di cui è stato stretto collaboratore.
La ricerca demoscopica non è la statistica. Studia sentimenti e percezioni. È più mobile e per certi versi aleatoria di chi tratta dati veri. Ma è di grande importanza per sentire il polso di cambiamenti e misurarli. Da una Europa fino a poco tempo fa in picchiata di immagine, criticata per essere bloccata da visioni interne opposte (europeisti-sovranisti, nord e sud, poi est-ovest, poi tra chi vuole più integrazione e chi più autonomia degli Stati) l’Europa delle convergenze è passata negli ultimi due anni attraverso la scossa di due crisi immense. Prima la pandemia (ancora non uscita di scena). Ora naturalmente la guerra di invasione russa all’Ucraina, dunque alle porte della stessa UE, con alcuni paesi membri che confinano con il teatro di guerra (Polonia, Romania, Slovacchia, Ungheria e Paesi baltici). Questa “fotografia demoscopica” è un documento di analisi del sentiment di appartenenza e fiducia che non riguarda ancora direttamente la problematica della guerra (l’analisi precede immediatamente gli eventi militari). Ma sonda lo stato d’animo degli europei attraverso la pandemia che crea condizioni di identità che stanno chiaramente contando a fronte di una vera e propria “prova di identità” attorno alla guerra che Putin ha scatenato rimettendo in discussione i confini territoriali ma anche quelli valoriali e civili tra Oriente e Occidente.
La fiducia ancora a metà, l’economia preoccupa molto. Ma lo sguardo al futuro amplia la convergenza.
La transizione non è finita. Il dato trasversale, complessivo, della fiducia degli europei nella UE resta leggermente al di sotto della maggioranza assoluta. Dalla primavera 2021 scende di due punti, da 49% a 47%. Sulla pandemia gli impegni, gli annunci, non sono ancora diventati appieno “fatti” e il persistere dei contagi tiene frenata l’evoluzione che si comincia invece a registrare nella disarticolazione nazionale del dato. Addirittura, ci sono paesi fondatori (Francia, Belgio Lussemburgo) che esprimono maggioritariamente sfiducia (dal 53% al 56 %). In Italia tra fiducia e sfiducia è patta. Ma la fiducia è in maggioranza in mezza Europa (Portogallo in testa con il 69%, poi i Baltici, la Polonia, quasi tutti i nordici). Dunque, una situazione in movimento anche con tratti irrazionali.
Il dato generale dello sguardo al futuro fa propendere la maggioranza del campione europeo verso l’ottimismo (62%) contro il pessimismo (35%) e solo il 3% che si rifugia nel “non so”.
L’Italia è in questa ottica. Anzi due su tre vede bene la prospettiva (65%).
Ma il riscontro stretto sul presente fa vedere agli europei (presi globalmente) “cattiva” la situazione economica: il 59% ha questa idea, il resto (non è pochissimo) la vede invece buona. I nordici prevalgono sul “buono”, meridionali e orientali prevalgono per un giudizio negativo.
È sull’euro che il sostegno è diventato ormai netto: il 77% dell’eurozona, il 69% in generale.
L’Italia – in cui i malumori sull’euro hanno “fatto politica” per un certo tratto – l’apprezzamento è oggi al 72%. Si deve tuttavia registrare che nella popolazione degli stati membri, in 15 casi, c’è un flusso un po’ negativo, fino a dieci punti in meno rispetto al 2021. I cittadini europei, in altra tabella, mostrano di considerare l’euro più positivo per la tenuta generale dell’Europa che per le specifiche situazioni nazionali.
La nuova gerarchia delle preoccupazioni
Interessante la gerarchia delle preoccupazioni che gli europei segnalano in avvio del 2022.
- Ai primi cinque posti temi ampiamente dibattuti in questo periodo. Nell’ordine: clima, costo della vita, immigrazioni, situazione economica generale, salute.
- Interessante anche il risultato per gli ultimi cinque posti nella lista delle preoccupazioni. Questo l’ordine fino alla più irrilevante: l’influenza europea nel mondo; la disoccupazione; l’insicurezza; il terrorismo; le pensioni; le tasse.
C’è qualcosa di stupefacente in questi risultati: la salute scende nell’area di testa delle preoccupazioni; le tasse sono in fondo alle ansie dei cittadini.
In mezzo, esattamente nel mezzo di questa classifica, un dato che sarà bene confrontare con la prossima rilevazione, cioè verso la fine del 2022, dopo quel che sta succedendo: l’approvvigionamento di energia.
Quando tuttavia si tratta di mettere in fila i fronteggiamenti comuni da sostenere, la salute risale posizioni, è infatti secondo tema segnalato dopo l’inasprimento dei prezzi e delle tariffe e, dopo il clima, e l’approvvigionamento energetico entra in classifica.
Qui immigrazioni, insicurezza, tasse sono agli ultimi posti (qualcuno avverta il segretario della Lega circa le bandiere principali della sua battaglia politica).
Vanno incontro alla nuova agenda europea le questioni relative alla disponibilità a sostenere nuovi obiettivi. Per esempio, in materia di sicurezza e difesa comune: il 77% degli europei è a favore (in Italia il dato è 70%), il 17% è contro; il 6% non sa.
Cittadinanza europea (in Italia il dato flette) e pandemia
La quarta parte del rapporto è dedicata alla cittadinanza europea. Il dato complessivo è rilevante: il 71% afferma di “sentirsi cittadino della UE”. Per l’Italia il dato scende al 60%, dato più negativo degli italiani è quello dei greci, 57%; dei francesi, 56%; dei bulgari, 52%.
Circa le misure adottate per combattere la pandemia gli europei sono divisi, così come dichiarano di esserlo a proposito delle misure adottate dai propri governi. Tuttavia, sono 17 gli ambiti nazionali in cui il giudizio sulle misure europee è apprezzato e in alcuni casi molto apprezzato (Portogallo, Irlanda, Danimarca, Malta i sopra il 70%). Anche l’Italia i sì sono in maggioranza (56%).
Rivolgendo l’attenzione alle cose da fare si forma un’altra gerarchia di istanze che ha in testa la necessità di avere una strategia per affrontare simili crisi nel futuro, connessa alla necessità di avere una politica europea per la salute. Seguono le misure per le vaccinazioni. Poi vengono le misure a favore di imprese e lavoratori.
Gli ultimi quattro posti di questa classifica vedono nell’ordine: restrizioni sulla gestione delle frontiere, organizzare le riserve di equipaggiamento sanitario, sviluppare misure di solidarietà tra i paesi e – sorpresa – all’ultimo posto dare attuazione al piano di rilancio “Next Generation UE”.
Il che fa francamente pensare che la non efficace comunicazione del Piano (dappertutto, Italia compresa) lasci per ora il segno.