Uno dei tanti cosiddetti festeggiamenti. Al sud, lontano da Roma, dove lei è nata. Dove per dare plausibilità all’evento hanno scovato la coincidenza con il 150° della nascita di uno dei suoi genitori, diciamo uno dei miei nonni. Già, perché la sorella gemella è appunto la Costituzione, promulgata appena prima della mia nascita.
Il luogo, dunque, Melfi, sotto alla statua di Francesco Saverio Nitti. Tra i più brillanti e moderni esponenti post-risorgimentali, espressione del piccolo storico partito radicale, ministro prodigio nella prima fase del novecento, poi nel crucialissimo 1919 primo ministro. Ventun anni esule a Parigi dopo che nel 1923 cento squadristi fascisti fecero a pezzi la sua casa ai Prati a Roma. Tornò come costituente, senatore di diritto, fece a tempo a fermare la “legge truffa” da posizioni liberal-democratiche, sfiorò la presidenza della Repubblica (che andò al suo successore alla direzione della “Riforma sociale” Luigi Einaudi”), mori 85 enne nel 1953.
Per i settanta anni della mia sorella gemella (lei di gennaio, io di febbraio del ’48) chi parla? a chi si parla?
Scelgono me, che lì a Melfi da anni sostengo le ragioni di cultura politica e civile del nittismo, e un bravo storico dell’Università dell’Abruzzo, Enzo Fimiani, che si chiama Enzo come il re Enzo, non perché diminutivo di Vincenzo. Contemporaneista, il suo modello è la Francia laica, che preferisce scrivere sulla lapidi delle opere pubbliche “La Republique” e non l’occasionale nome del sindaco o del ministro che hanno firmato i contratti con i costruttori.
Davanti a noi duecento ragazzi del liceo scientifico Federico II di Melfi. Il mio argomento (ripassando le ricerche di Achille Ardigò dell’88 per il quarantennale della Costituzione) è che i ragazzi non hanno letto neanche un articolo della Carta ma tutto sommato hanno interiorizzato il quadro essenziale valoriale (diritti/ doveri) della Carta stessa. Dunque bisogna partire da lì.
L’argomento di Fimiani è che sulle regole generali è venuto il momento che i giovani diano un colpo d’ala, allargando lo spazio della nostra qualità civile attraverso una scelta rigeneratrice dell’Europa.
I ragazzi ci stanno, ascoltano, vogliono storia e futuro, tifano per la loro terra e per un mondo migliore.
Poi si parla di antifascismo e resistenza. Manifestazioni che restringono ormai la partecipazione. Storie, per i più, lontane. Salvo una certa creatività narrativa, a sentire litanie retoriche la gente non ci sta. E così a Melfi ci provano i bambini di una scuola di coreografia di Melfi a raccontare il passaggio tra guerra e pace, tra repressione e liberazione, tra regime e libertà. E ci provano anche attori e attrici, con la regia di Giampiero Francese, che al teatro Federico II danno vita a una felice teatralizzazione della vita di un melfitano di eccezione come Nitti. Messaggi diretti, storie vere, ricostruzione dello spirito del tempo e di una terra orgogliosa.
Resistenza, Costituzione, Repubblica sono ancora i tre chiodi a cui è appesa la nostra comunità di principi fondamentali? Se si guarda al teatro della politica attuale si capisce che i chiodi stanno traballando, che qualcuno fa ancora citazioni ma che qui è arduo appendere il quadro pesante della nostra organizzazione pubblica.
Il Mezzogiorno ha motivo di mantenere quei chiodi piantati nel muro della vita collettiva? La stessa domanda vale ormai anche per il Nord da cui le distanze sono cresciute, fino a rasentare la metafora che Giorgio Ruffolo rappresentò nell’immagine di un paese toppo lungo. E oggi quasi spezzato. Inutile cercare risposte di maniera a questa domanda. Non inutile invece è pensare che la Costituzione sia la nostra sorella e che si cerchi un modo di mantenere l’attenzione e il dialogo con i ragazzi attorno ad un pezzo di carta conquistato con sangue e fatica le cui storie vanno alimentate con spirito critico e non ripetute per dovere d’ufficio.