Viaggio in Africa. Terzo appunto

Una sintesi della nostra conferenza

Conakry, 10 maggio 2018, sera.

Una patina rossa corona l’Atlantico tra le palme e la vegetazione del giardino della “Pension Les Palmiers” che attira, qui a Conakry, europei No-Sheraton, con i disagi e i privilegi di questo genere di hotellerie coloniale. Tra i privilegi quello di guardare dritto in faccia l’oceano, senza la mediazione di brutture, rifiuti fumanti, baracche sull’orlo di collassare, cineserie appese agli ombrelloni.
La nostra conferenza universitaria e’ cominciata alle 10 della mattina ed è finita dopo le 17. Prologo di Ahmadou Oury Kore’ Bah, rettore di Sonfonia ( e’ il quartiere da cui prende il nome l’ Università pubblica “Lansana Conte’ “, che concentra le facoltà di scienze sociali, diciamo un po’ come la nostra Bicocca, che prende infatti nome dal quartiere di radicamento) e dell’ ambasciatore d’Italia, Livio Spadavecchia.
Poi i pro-rettori degli atenei che stanno dando vita ad un patto formativo di prospettiva : la stessa “Lansana Conte'”,la “Julius Nyerere” di Kankan verso il nord della Guinea e la nostra IULM milanese caratterizzata per le scienze della comunicazione, materia che viene descritta come il buco nero dell’offerta formativa di questo paese.
Malgrado la partenza un po’ formale, un po’ protocollare, la presenza, nella sala della biblioteca, di più di 150 ricercatori e studenti, ha spinto i relatori a entrare nel vivo delle percezioni disciplinari di cui sono portatori.
Il tema – migranti oggi, tra un paese con i giovani in fuga e noi che abbiamo mandato nel mondo un secolo fa metà degli italiani – è duro , controverso, da reinterpretare con qualche sforzo di convergenza.
Così che se sei geografo cogli subito la mondializzazione dei processi; se sei demografo lanci l’allarme sulla ipertrofica urbanizzazione in tutta l’Africa; se sei sociologo ragioni sui livelli di “relativa povertà” che spinge ad emigrare ( relativa perché, come fu per gli italiani cento anni fa, non sono i poverissimi ad emigrare ma coloro che riescono a mettere insieme il necessario e a ragionare su un difficile patto famigliare); se sei antropologo cerchi la fonte della decisione migratoria ( che qui fanno risalire alle donne e sostanzialmente alle madri, che alla fine legittimano le partenze dei figli); se sei economista cerchi di immaginare che le rimesse degli immigrati sono diventate la “ragion di Stato” di una condiscendenza dei governi, che fingono di piangere sui talenti in fuga ma che non hanno ancora davvero messo mano a piani di sostegno al rientro.
Al comunicatore pubblico resta la possibilità di beneficiare dei confini disciplinari, tutti utili per fare un progetto di analisi della rappresentazione mediatica del fenomeno; poi di proporre una breve analisi di come allargare il dibattito pubblico; e ancora di proporre schemi di relazione con i protagonisti delle migrazioni meno farisaici è più interni al rapporto tra migranti, famiglie e piani migratori; e infine di un possibile modo di affrontare i rischi di negativa incidenza sull’ immagine e la reputazione nazionale ( come è stato per il caso Ebola, che qui si pensava fosse confinabile in un perimetro clinico e, in assenza di un barrage comunicativo e argomentativo, ha annientato (per anni) le potenzialità turistiche del paese e soprattutto ha messo una macchia sulla reputazione internazionale della Guinea su cui non si è mai lavorato seriamente.
Ora la Guinea e’ il secondo paese africano che sbarca i suoi giovani, dopo la Nigeria, sul suolo italiano. Venivano anche prima ma – mi spiega Lale Camara, colto ricercatore guineano con un rapporto stabile con Fondazione IULM – erano diluiti nelle presenze dal Senegal e dal Mali. I clandestini quando arrivano gettano i documenti . Da qui il fatto che le statistiche tendono a essere tutte approssimative. Comunque essere nel 2017 il secondo paese in Africa nei flussi migratori verso l’ Italia, apre ai due paesi lo spunto all’obbligo di guardar meglio dentro questo dossier approfittando di un ambito di confronto ( come è questa conferenza) e magari di un ambito più stabile di sperimentazione formativa ( come è quella che si immagina di attivare) per ragionare sul rispettivo schema di approccio.
Per gli africani conta il progetto di smuovere la mobilità sociale attraverso il rischio migratorio, ma anche guardando a possibili piani di rientro. Per gli italiani c’è il solito problema di non rifugiarsi dentro schemi puramente sicuristi per guardare ai flussi migratori come opportunità, da forgiare, selezionare, formare, nel quadro di un piano assimilativo che riguarda soprattutto le fasce di esigenze reali del proprio mercato del lavoro.
I partecipanti alla conferenza sono sorpresi e alcuni anche colpiti nel comprendere che il dibattito politico in Italia non sia ancora arrivato – come è arrivato in Germania – a gestire in modo più efficace il tema migratorio e soprattutto che ci sia speculazione politica sul fatto che i migranti ” toglierebbero lavoro agli italiani” (materia su cui Matteo Salvini ha sbeffeggiato di recente in rete una affermazione responsabile fatta dal premier Paolo Gentiloni).
Per cogliere alcune parole scambiate nel corso del colloquio eccone alcune, di parte africana, colte al volo. “La donna-madre – sia che lo faccia per il figlio che per il fratello – in Africa e’ in grado influenzare qualunque decisone”. “Tentare un’altra vita e’ una filosofia tipicamente influenzata dalle donne”. “Eravamo a consolare una famiglia che aveva perso un figlio nel Mediterraneo, mentre nella casa vicina si festeggiava il selfie di un figlio che ce l’aveva fatta”. ” Partire e’ rararamente un progetto fino in fondo individuale, coinvolge sempre una famiglia che ti mette in condizioni di farcela”. ” Un progetto di vita, che si capisce essere un progetto a rischio, mobilita un sistema di credenze, in cui i fattori religiosi hanno rilavante importanza”. “Nella contabilità morale delle migrazioni, non conta il numero dei morti, conta il numero di chi ce l’ha fatta”.

Angelo Turco, presidente di Fondazione IULM è già prorettore dell’ateneo, profila agli esponenti universitari guineani un progetto di master trasferibili tecnologicamente attorno al rapporto tra comunicazione, migrazioni e inclusione sociale in cui la mitigazione dei flussi possa diventare obiettivo complementare sia a nuovi aspetti preventivi che ad aspetti legati a politiche di reinserimento.
Nella parte pomeridiana ristretta il piano viene esaminato meglio e tocca a me fare emergere gli aspetti declinabili nel campo tecnico-professionale della comunicazione pubblica in grado di collocarsi in un asse formativo euro-africano che possa essere sostenuto da fonti di finanziamento, almeno per le borse di studio necessarie alla fase di startup. SI tornerà oggi, in incontri bilaterali, su come mettere in piedi realistiche condizioni per questo cantiere.

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