Al Forum nazionale dello studente guineano.
Conakry, 11 maggio 2018 – Pomeriggio
Nella sede della Assemblea nazionale della capitale, si è aperta ieri la seconda edizione del “Forum de l’etudiant guineen” (10-12 maggio), di cui siamo ospiti.
Caschiamo sulla tavola rotonda dedicata all’innovazione tecnologica nell’ambito della formazione professionale. Conduce il capo di gabinetto del presidente della Repubblica. Due temi fanno cornice sostanziale: l’ apprendimento della gestione tecnologica avanzata; la focalizzazione sulle opportunità reali di estensione del mercato del lavoro. In entrambi i casi la relazione istituzioni-imprese e’ strategica.
Ormai tutto il mondo è paese.
Qui sono schierate tutte le università pubbliche e private della Guinea (una trentina in tutto), una ventina di università straniere (in apparenza tutte africane) e un robusto drappello di imprese che sostengono l’evento ( tecnologie, comunicazioni, banche, assicurazioni, consorzi).
Nelle prime file (poltrone bianche) classe dirigente e in particolare donne con apparenza molto autorevole. Poi docenti e operatori e, nelle file dei posti sdruciti ( poltrone brune), anche studenti , ai quali è dedicato il Forum ma che, stando almeno a questo caso, non hanno affaccio ai microfoni.
A buoni conti e’ qui il controvalore evidente dell’immenso slabbramento urbanistico e sociale che circonda la capitale. Convivono insomma la progettazione della modernità e l’adattamento all’urbanizzazione sottoproletaria. Il mio collega Angelo Turco dice che questa forma , per noi contraddittoria, in Africa e’ un paradigma della resilienza diciamo genetica.
La cornice degli espositori, nei vasti corridoi del palazzo, e’ un panorama tematico che contiene tre storie: quella delle settorialita emergenti dei nuovi spazi occupazionali (in cui svetta l’ agricoltura specializzata); quella degli indirizzi della collaborazione tra università e imprese nel campo sanitario; quella dei processi digitali (con la francese Orange in testa) che spinge sulla narrativa del “futuro a portata di mano”.
Qui ieri il presidente della Repubblica Alpha Conde’ ( Alpha e’ un nome arcaico che designa un capo) ha inaugurato il Forum sul tema “forzare il perimetro culturale del paese attorno alle istanze dell’innovazione”. Domani il ministro dell’insegnamento superiore e della ricerca scientifica (che abbiamo incontrato ieri al ministero) chiuderà la seconda edizione. Ma tra poco, terminata la tavola rotonda, che lo comprende, svilupperemo l’incontro di ieri con il suo consigliere per la ricerca Sally Camara.
La Guinea resta linguisticamente nell’orbita francese e la Francia resta la fonte di legittimazione principale della classe dirigente e naturalmente degli intellettuali riconosciuti. Il radicamento qui delle sue reti televisive e’ un segno diffuso di questo inalterato potere. Ma l’ avanzata, dal basso, dei cinesi con i soldi in mano per conquistare spazi commerciali e nel mercato delle costruzioni ( facendo ogni tanto qualche regalo alla comunità) chiude apparentemente la tenaglia degli interessi internazionali rappresentati. Come sempre restano tuttavia spazi di opportunità offerti alle intuizioni e alle abilità relazionali di altri paesi, europei in testa che hanno qui ragioni nel bilaterale. Spazi di cui negli ultimi tempi hanno beneficiato, ad esempio, belgi e tedeschi.
Per l’ Italia la ragione migratoria – come abbiamo visto – accende una luce e potrebbe essere una motivazione di ingresso alla perlustrazione. La presenza tra l’altro di un nunzio apostolico italiano puo’ essere una sinergia. La decisione italiana di svolgere annualmente una conferenza stabile Italo-africana e’ inoltre una cornice politica di aggiornamento dell’agenda che può contenere anche progetti di dettaglio se raggiungono esemplarità significative.
In questo quadro i soggetti universitari – in questo Forum si vedono spunti – che hanno intrecciato già relazioni sono accreditati per la costruzione di ponti.
Parte da qui l’ intuizione elaborata dal presidente della Fondazione IULM, il mio collega africanista Angelo Turco, che conosce questo paese da più di trent’anni, che ora si accinge a verificare le condizioni per poter attraccare la sua zattera non priva di argomenti in porto.
Cosa che in Africa significa vedere, capire, rimuovere stereotipi, immaginare paradigmi sperimentali del cambiamento, lavorare. Tutte cose attorno a cui diciamo spesso che, in Italia, c’è stato tanto spazio per fare, mentre ora crescono dubbi e delusioni. Nei piccoli e nei grandi progetti chi sa e può ha l’occasione di spostare anche altrove la creatività. Perché anche nei campi immateriali e’ l’ export italiano a dare spesso il suo contributo a rinnovare e sprovincializzare il paese.
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