
Buongiorno, sono Stefano Rolando.
I tumulti politico-parlamentari di questi giorni non possono passare inosservati in questa rubrica che tratta il tema della “rappresentazione”, tanto che ricorre dappertutto l’esclamazione “ma che spettacolo!”…
Tento qui dunque qualche commento.
In occasioni come questa si sente anche dire: “È la democrazia, bellezza!”.
C’è chi lo dice mestamente tutte le volte che gli esiti di un voto – magari regolare, legittimo, plurale, senza brogli – profila un risultato sgradito. Oppure, al contrario, polemicamente molto gradito.
Però, per mantenere il gusto della democrazia sarebbe bene che ciò non capitasse proprio tutti i giorni, naturalmente. Altrimenti verremmo invasi da un dubbio insinuante: o siamo per definizione dalla parte sbagliata della storia o qualcosa non ha funzionato nella rappresentazione del nostro punto di vista.
E infatti in questi giorni un dubbio simile prende corpo.
Le scelte per i vertici di Camera e Senato, diciamo la verità, non sono state orientate a un equilibrio rappresentativo. Avemmo avuto almeno un uomo e una donna. Avremmo avuto un radicale e un moderato. Avremmo avuto (trattandosi di centro-destra) una figura di destra e una figura di centro. Qui l’unica venatura distinta è che uno è un quarantenne l’altro un ultrasettantenne. Per il resto – mi riferisco ai significati simbolici delle loro personalità, che vanno presi in considerazione proprio per il significato simbolico di quegli incarichi istituzionali – si tratta di due esponenti della destra radicale, uno post-fascista e uno anti-diritti civili e pro-Putin.
Così, Giorgia Meloni – leader per ora della maggioranza post-elettorale – ha pilotato questo passaggio. L’elezione di Ignazio La Russa a presidente del Senato – seconda carica della Repubblica – che ha come secondo nome Benito e come primo hobby la collezione di cimeli mussoliniani E l’elezione di Lorenzo Fontana a presidente della Camera – la terza carica della Repubblica – ch
https://www.wired.it/article/fontana-la-russa-presidenti-camera-senato-dichiarazioni/
Non si può evitare, al riguardo, di dire qualche parola in questo audio settimanale che ha a cuore il tema della “rappresentazione”.
- La prima generale impressione è che non poteva non essere messo in conto un coro di perplessità. E che non sembra sincera la stessa Meloni che sabato – nel quadro di una dura polemica tra lei e Letta – ha detto che l’intendimento era ed è di “unire la Nazione”. La scelta per i vertici delle Camere non solo non si è profilata come un cerniera del Paese (proprio il tema che è stato magistralmente e luminosamente svolto dalla senatrice Liliana Segre, inaugurando la seduta al Senato) ma ha inevitabilmente suscitato l’idea di una rottura del cristallo dell’impresentabilità. Provocando comprensibili tensioni politiche e anche stupidate minacciose protestatarie che vanno deplorate ma che erano immaginabili, scatenando ora artificioso stupore.
- E siccome la vicenda – più per ignobili che per nobili ragioni – ha riprodotto le stesse spaccature negli schieramenti che erano visibili nella campagna elettorale, si è capito che non solo non si è puntato a soluzioni di sutura ma al contrario ad alimentazione dei conflitti.
Lecito chiederci dunque come evolverà la rappresentazione dello spettacolo della politica italiana.
Fisso qualche punto che gorgoglia nei commenti mediatici e politici di queste ore.
- Un elemento di questa contraddizione è maturato proprio perché per giorni la comunicazione del partito vincitore delle elezioni, Fratelli d’Italia, era con insistenza centrata su questo motivo: “faremo nomine di altissimo profilo”. Poi l’Italia ha visto – ripeto non prefigurando se saranno capaci o no di dirigere il dibattito parlamentare, e ci auguriamo che lo siano – ma per l’impatto simbolico delle scelte – probabilmente la peggiore coppia della storia della Repubblica portata ai massimi livelli delle istituzioni.
- Secondo argomento. Repubblica venerdì intitola: “La maggioranza di destra si squaglia”. Appare strano il grande titolo solo su questo elemento (che lancia tuttavia una domanda vera sulla tenuta della maggioranza) senza vedere in parallelo quello egualmente eclatante, forse perché meno ricomponibile, cioè che si è lacerata al primo colpo la compattezza – che almeno in queste occasioni avrebbe un senso – della minoranza, anzi delle minoranze.
- Allora cerchiamo di capire meglio. Giorgia Meloni – eventualmente superando la deflagrazione dei rapporti oggi incrinati con il Cavaliere – avrà certamente il suo principale daffare a mostrare al mondo la sua presentabilità. E quindi a mettere all’Economia o agli Esteri facce presentabili. E non solo in quei posti vetrina. Dopo il governo arrivano le nomine dell’intera infrastruttura economica pubblica. Ma ha forse pensato che Camera e Senato siano la serie B del potere. E dovendo prevenire problemi con la sua diffusa constituency reazionaria interna (sia Lega che Fratelli d’Italia) ha ritenuto di piazzare lì – secondo lei per fare meno danno – figure altrove scomode al suo disegno di rappresentazione del potere. Istituzionalmente è una scelta un po’ cinica. Ma proviamo a prenderla in considerazione come una interpretazione possibile.
- Berlusconi mattatore, sì ma anche tritato e costretto all’irrilevanza. Esce dalla giornata delle elezioni al Senato apparentemente come l’unico ad avere mandato a quel paese Ignazio Benito Maria La Russa (Berlusconi sa come è fatta la tv, eppure è stato senza remore a farsi riconoscere prima nel labiale e poi nel furibondo appunto contro “Giorgia la prepotente”, eccetera). Ma non è per le ragioni che pensiamo noi ad avere espresso stizza. Ma perché immaginava che la minaccia di non votare avrebbe fatto ricredere la Meloni sul rifiuto di portarsi in squadra chi lei ritiene improponibile, ovvero cercando di imporre ministri nei dicasteri che riguardano i suoi affari personali e aziendali. Insomma, ridotto al limite del suo già evidente declino, con tutti i senatori che lo hanno seguito nel piccolo Aventino, ora nella possibile lista di proscrizione (esclusa la Casellati) per entrare al governo.
https://www.huffingtonpost.it/politica/2022/10/14/news/appunti_berlusconi-10408272/
- Giorgia Meloni ha messo dunque fuori gioco Berlusconi attivando o approvando (è politicamente la stessa cosa) una ventina di parlamentari del centrosinistra che si sono segnalati alla stessa Meloni come occasionali e provvidenziali stampelle, che hanno venduto l’unica bandiera che avrebbe oggi l’opposizione per esistere: la dignità e la capacità di controllo. In realtà in proprio pensano a opportunità per la composizione delle commissioni parlamentari, nei loro gruppi politici pensano a qualche futuro guadagno elettorale e in una sorta di ipotetico macro-disegno (che per questo viene attribuito a Renzi) hanno agito da incursori con la possibilità di far saltare prima possibile l’esito stesso del turno elettorale, provocando l’implosione di Forza Italia. Certo è che per chi pensava che dopo la sconfitta elettorale, cominciasse la lunga seria marcia di rigenerazione dell’opposizione, quella che è apparsa agli italiani è solo una marcia. Una mela marcia, una marcia funebre, una marcia indietro, a seconda di come la si vuol giudicare.
- Ecco, proviamo a venire ad alcune valutazioni di insieme su questi elementi. Il trambusto violento di questi giorni ha mostrato che a destra e a sinistra le crepe già viste nelle elezioni tengono in piedi un prevalente contesto di combattività. Quello che Stefano Folli chiama “il clima per cui il nemico del mio nemico è mio amico”. Più in generale parliamo del clima che è esploso per chiuderla lì alla svelta con la compostezza del governo Draghi e che ci ha portato ad elezioni anticipate.
- Ora vedremo se le rotture soprattutto della maggioranza troveranno possibili mediazioni ricomponendosi un po’. E vedremo quindi nella sua più ampia portata il “messaggio di fondo” della legislatura. Ma – lo voglia lei o non lo voglia lei (razionalmente non dovrebbe volerlo) – questo clima finora non casualmente prodotto prolunga un’immagine di scontro della Meloni. Una percezione che non è simile alle vicende per cui in tanti paesi occidentali i conservatori possono alternarsi ai cosiddetti progressisti, vincere le elezioni e dominare rapidamente i conflitti più rischiosi. Ed è inevitabile che gli storici abbiano tanti tasselli sui fatti in corso che rievocano facilmente la memoria di scontro del Mussolini che prende il potere in un clima violento di cento anni fa. Che proprio in questo mese vede il centenario dell’atto più simbolico di quel clima, cioè la marcia su Roma. Argomento da cui la Meloni continua a dire di volere prendere le distanze. Mentre alcuni tratti semiotici degli eventi in atto richiamano culture che venivano considerate sotto controllo. Ma in questo campo realtà e percezioni hanno binari distinti.
https://www.treccani.it/enciclopedia/marcia-su-roma_%28Dizionario-di-Storia%29/
- Forse nel paese rancoroso, socialmente provato, alla vigilia di preoccupazioni addirittura maggiori rispetto al biennio della pandemia, quanto accade potrebbe magari portare altro consenso a destra. Ma a noi sta a cuore il Paese, non questo o quel partito. E all’Italia, intesa come una democrazia complessa nel tempo della crisi, serve vera autorevolezza al potere, non assertività, nuovi anatemi, conflitti e – per stare a vecchi simboli – nuove mascelle volitive. Talvolta sembra che Giorgia Meloni lo sappia, ma il tessuto opportunistico che l’ha portata al successo restituisce ogni giorno quello che poi il suo partito sa fare meglio: scrivere sul petto “me ne frego”.
- Ma adesso viene soprattutto da pensare a noi e l’Europa. L’Europa è il luogo in cui eravamo tornati ad avere un ruolo strategico fondato su una buona reputazione diffusa. Lì – anche per la guerra in corso – abbiamo bisogno di essere molto credibili e parte reale dei processi decisionali. Ma in Europa ci sono molti interessi per cogliere questa “deriva” dell’Italia – attenzione, anche fosse solo percepita, anche fosse solo frutto di malintesi – per metterci, appunto anche esagerando un po’ i commenti, in condizioni marginali. E questo è un problema di interesse nazionale – da calcolare bene per le grandi e per le piccole scelte in agenda – quindi ben più rilevante del posto che deve avere al governo la Ronzulli o dove va a fare meno guai La Russa.
- Permettete un ultimo pensiero di fondo. Se si comporrà la frattura Meloni-Berlusconi, la formazione del governo avverrà – pur con cautele imposte dalla cornice internazionale che regola i fondamentali del posizionamento dell’Italia – nello spirito che Giorgia Meloni coltiva di più, per dimostrare la pochezza degli altri e soprattutto dei suoi alleati – cioè secondo quello che chiama il suo principio di coerenza, argomento che non si può trattare in astratto solo come una virtù. Perché bisogna fare chiarezza definitiva sull’aspetto ovvio: di quale coerenza si tratta? Chi ha letto l’autobiografia di Giorgia Meloni non è affatto sorpreso di quanto sta accadendo. E a ciò dovrebbe corrispondere un senso superiore, quello di avere un’opposizione intesa come un baluardo di virtù, di analisi seria e di compattezza. Ma tutti hanno visto che è ripartita la musica della campagna elettorale. Divisi su tutto. Con poca visione comune della qualità sociale e civile. A rinfacciarsi tutto. Ecco perché – qui il pensiero è personale – verrebbe da risvegliare la vera non posticcia Italia azionista, ovvero un’idea della storia italiana che ha lasciato grandi eredità ma purtroppo pochissimi eredi. Nelle urne non si è vista. Ma magari i più giovani potrebbero pensare che adesso tocchi a loro entrare in partita.
Grazie per l’ascolto. A risentirci presto.