Pubblicato sul magazine online Il Mondo Nuovo, 2.1.2023 e ascoltabile al link: https://ilmondonuovo.club/rileggendo-alcune-parole-di-mattarella-nel-discorso-di-capodanno/

Buongiorno, sono Stefano Rolando.
D’abitudine l’ultimo dell’anno il pensiero degli italiani corre alla cena, al brindisi, ai famigliari, allo scambio di auguri.
Ma in un Paese che prende in generale un po’ le distanze dalle istituzioni, il Capo dello Stato resta – tra queste istituzioni – un riferimento tra il bisogno di simboli e il bisogno di unità che riscuote una fiducia che oggi sfiora il 70% degli italiani.
Non so esattamente quanti di loro alle 20.30 di San Silvestro si siano sintonizzati con i canali televisivi per il quarto d’ora di omelia laica che ha accompagnato tutta la storia repubblicana, ma in particolare in questi ultimi anni, segnati da crisi dichiarate, la voce in campo un po’ sopra le parti e un po’ alla ricerca di sintonia tra riconoscere la verità e augurarsi il meglio credo che sia un segnale accolto più con favore che con fastidio.
Non è poco per la tenuta di un Paese in cui l’ultimo rapporto Demos segnala che la parola “Stato” non supera il 36% della fiducia dei cittadini mentre anche l’orgoglio di sentirsi italiani vede solo il 44% di questi cittadini dire “molto” con un altro 39% che dice “abbastanza”, mentre dieci anni fa al molto ci arrivava il 56% degli italiani.
Insomma, la situazione è quella che è.
Sergio Mattarella è al secondo mandato. Lo ha voluto il Parlamento a fine gennaio 2022, in un momento di crisi decisionale grave del sistema dei partiti. Rarissime obiezioni, da parte della politica e da parte dei media, e a fine anno 5 punti in più rispetto all’indice di fiducia espressogli nel 2021 dagli italiani.
Dunque, una voce autorevole in campo.
A rileggere il testo del discorso tenuto in piedi – tra l’albero di Natale e le bandiere, di una stanza scelta tra quelle non sfarzose del Palazzo – si coglie anche più a fondo la ratio politica, nel senso degli orientamenti di giudizio e del significato di rivolgersi certamente agli italiani tutti, ma anche con messaggi specifici rivolti al ceto politico, al governo, alla comunità internazionale.
Da qui – se mi è concesso – una mia breve lettura del “giorno dopo”.
Sergio Mattarella viene da una lunga carriera, nella politica e nelle istituzioni. È figlio di un esponente della Democrazia Cristiana, Bernardo Mattarella, che fu cinque volte ministro tra gli anni ’50 e ’60. Ha militato in gioventù nell’Azione Cattolica dall’inizio degli anni ’60. Suo fratello, Piersanti Mattarella, presidente della Regione Siciliana fu ucciso dalla mafia nel 1980. Scelse la carriera accademica nel campo del diritto pubblico e del diritto parlamentare e poi divenne parlamentare nel 1983. Dal 1987 ha ruoli di crescente rilievo nei governi della Repubblica, quattro volte e una come vicepresidente del Consiglio. Nel 2011 è eletto dal Parlamento giudice costituzionale. Poi il Quirinale.
Conosce le sfumature del lessico giuridico, di quello politico e di quello sociale.
Rivedere un testo ascoltato a voce, fa emergere proprio il senso della sua precisione nell’uso dei termini.
Se c’è qualcuno ben cosciente della somma delle crisi del 2022 è lui. Quelle internazionali e quelle interne. Sulla guerra in Ucraina, a cui dedica un lungo brano, non ha la minima ambiguità:
“Il 2022 è stato l’anno della folle guerra scatenata dalla Federazione russa. La risposta dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente è stata un pieno sostegno al Paese aggredito e al popolo ucraino, il quale con coraggio sta difendendo la propria libertà e i propri diritti. Se questo è stato l’anno della guerra, dobbiamo concentrare gli sforzi affinché il 2023 sia l’anno della fine delle ostilità, del silenzio delle armi, del fermarsi di questa disumana scia di sangue, di morti, di sofferenze”.
E poi completa la riflessione così:
“Di questi ulteriori gravi danni, la responsabilità ricade interamente su chi ha aggredito e non su chi si difende o su chi lo aiuta a difendersi. Pensiamoci: se l’aggressione avesse successo, altre la seguirebbero, con altre guerre, dai confini imprevedibili”.
E veniamo all’emergenza interna, che si è sbloccata con il prevalere dell’orientamento dei partiti di tornare a contarsi. Mattarella ha assecondato questa legittima rivendicazione, prendendone atto, dunque sciogliendo anticipatamente le Camere e rispettando, dopo le consultazioni del 25 settembre, la formazione di una coalizione maggioritaria anche qui accogliendo senza titubanze le opzioni. Che oggi mette nel registro delle innovazioni della politica italiana:
”Il chiaro risultato elettorale – ha detto nel discorso – ha consentito la veloce nascita del nuovo governo, guidato, per la prima volta, da una donna. È questa una novità di grande significato sociale e culturale, che era da tempo matura nel nostro Paese, oggi divenuta realtà”.
Che l’azione del governo abbia tuttavia avuto un andamento duale lo hanno colto gli italiani, i media, il mondo intero.
- Da un lato un rapido adattamento al quadro dei vincoli che l’Italia ha nel contesto europeo e internazionale. Che colloca Giorgia Meloni più come presidente del gruppo parlamentare conservatore europeo (di cui ha fatto parte anche la democraticissima famiglia dei Tory britannici) che come la fondatrice di una formazione post-fascista che ha rivendicato l’utilizzo dello stesso simbolo del Movimento Sociale di continuità con l’ispirazione sociale del fascismo.
- Ma al tempo stesso Meloni – che rivendica l’importanza per la democrazia italiana di tornare alla natura politica e non solo tecnica dei governi – deve tener conto del significato di un percorso politico sia di esponenti che di elettori che tornano al governo non più grazie al traino di Berlusconi ma di loro stessi. Così da dare subito riconoscimento agli esponenti più simbolici di questo sentimento (il post-fascista Larussa e l’antimodernista Fontana portati alla presidenza di Camera e Senato) e collocando alcuni provvedimenti tra i primi segnali di coerenza con questa impostazione.
Anche se può essere presa in considerazione la tesi che il Movimento Sociale ebbe il suo ruolo nel costituzionalizzare la componente del paese che dopo essere stata socialmente maggioritaria durante il regime fascista poi divenne drammaticamente minoritaria nel biennio della Repubblica sociale, resta il fatto che il maggior fattore di “costituzionalizzazione del Paese” è stato espresso dalle forze dell’antifascismo complessivamente artefici del pacifico cambiamento dell’Italia da regime a democrazia.
Certamente Sergio Mattarella ha la storia e la cultura politica per pensare ciò e personalmente si può immaginare che sentire il presidente del Senato – seconda carica dello Stato e suo sostituto in caso di impedimenti – esprimere pubblicamente onore al fascismo, sia un argomento di preoccupazione.
E lo è soprattutto ai suoi occhi – come è stato agli occhi di Mario Draghi durante il 2022 – per l’uso persino strumentale che questo posizionamento dell’Italia può portare soprattutto in Europa a derubricare il ruolo strategico che all’Italia spetta come paese fondatore dell’Unione Europea.
Sergio Mattarella, ben inteso, non svolge questa considerazione a Capodanno.
Nulla di ciò che può forse anche essere passato nel suo quadro di impressioni e preoccupazioni fa intendere questo tema.
Anzi. con una certa originalità, anche nel quadro dei commenti politologici recenti, Mattarella nella prima parte del suo discorso di Capodanno svolge un elogio del percorso pur accidentato compiuto dal sistema politico italiano nel corso della difficile passata legislatura.
Elogio dovuto al fatto che tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento – compreso il partito Fratelli d’Italia, unico all’opposizione di Draghi, ma poi ad apertura di nuova legislatura addirittura perno della nuova maggioranza – si sono sperimentate, con rispettive discontinuità, nelle responsabilità di governo.

Ecco il letterale passaggio del discorso che sentiamo dalla viva voce del Presidente della Repubblica[2].
“Nell’arco di pochi anni si sono alternate al governo pressoché tutte le forze politiche presenti in Parlamento, in diverse coalizioni parlamentari. Quanto avvenuto le ha poste, tutte, in tempi diversi, di fronte alla necessità di misurarsi con le difficoltà del governare. Riconoscere la complessità, esercitare la responsabilità delle scelte, confrontarsi con i limiti imposti da una realtà sempre più caratterizzata da fenomeni globali: dalla pandemia alla guerra, dalla crisi energetica a quella alimentare, dai cambiamenti climatici ai fenomeni migratori. La concretezza della realtà ha così convocato ciascuno alla responsabilità. Sollecita tutti ad applicarsi all’urgenza di problemi che attendono risposte. La nostra democrazia si è dimostrata dunque, ancora una volta, una democrazia matura, compiuta, anche per questa esperienza, da tutti acquisita, di rappresentare e governare un grande Paese. È questa consapevolezza, nel rispetto della dialettica tra maggioranza e opposizione, che induce a una comune visione del nostro sistema democratico, al rispetto di regole che non possono essere disattese, del ruolo di ciascuno nella vita politica della Repubblica. Questo corrisponde allo spirito della Costituzione”.
Viene da pensare che il presidente della Repubblica voglia dire alcune cose, con queste parole, al sistema politico ma soprattutto all’Europa. Il linguaggio naturalmente è mio, provo a tradurre un retropensiero.
Non vi sognate di speculare sul rischio di democrazia dell’Italia per mettere il Paese in difficoltà nel sistema decisionale continentale e internazionale. Sono stato garante di soluzioni di fronteggiamento delle difficoltà interne prima e continuo ad esserlo anche oggi. Punto. L’avere messo tutte le forze rappresentate in Parlamento in condizioni di trasformare sé stesse alla luce dell’assunzione di responsabilità di governo (e questo vale da FDI a Cinquestelle) è un fattore di forza da rivendicare. In più la preoccupazione di questo periodo è di non avere un’opposizione in piene condizioni per svolgere il compito cruciale che in democrazia spetta a chi deve esercitare, nel check and balance, il controllo, questo soprattutto a causa del travaglio che il PD (che è stato il mio partito) sta svolgendo, pur con un congresso in vista e quindi con una riposizionamento utile anche al Paese. Quanto al Governo io ho fatto il mio dovere in sua difesa (tanto che appena finita la telecronaca in diretta dal Quirinale la prima telefonata che Mattarella ha ricevuto è stata quella di ringraziamento della Meloni). Ma attenzione: di scivolate e sviolinate nostalgiche adesso basta. Problema tuo di tenere a bada questo rischio. Una volta mi assumo il ruolo di tutela, non è detto che lo faccia sempre.
Sia ben chiaro, nulla di ciò è esplicito nel testo.
Ma la fermezza esplicita con cui il presidente tratta la questione russo-ucraina, deve necessariamente (anche in sintonia con la sua cultura politica) avere un trattamento più complesso, più allusivo e se vogliamo anche orientato allo spirito tradizionale del “parlare a nuora perché suocera intenda”.
In più questa nostra rubrica “Il biglietto da visita” si occupa di analizzare le rappresentazioni.
E questa alta liturgia istituzionale è una “rappresentazione” che richiede una certa traduzione.
Insomma, la crescente centralità del Quirinale – che gli analisti e la demoscopia continuano a registrare – non può esprimersi tutta in chiaro. E credo che nell’orazione laica di Capodanno alcune parti del discorso debbono essere lette poi su carta per cogliere sfumature necessarie.
In ogni caso ad un esperto di diritto costituzionale e soprattutto di diritto parlamentare come è il presidente Mattarella è chiaro che, in particolare mentre l’opposizione è al pit stop per il travaglio interno al suo maggior partito, il PD, il famoso check and balance qualcuno lo deve promuovere e sostenere.
Gli italiani non vedono il grosso delle cose che in via riservata dice e fa il Capo dello Stato. Ma almeno a Capodanno si ha diritto di desumere qualcosa dalle sue stesse parole.
Anche per questo, grazie Presidente e a lei molti auguri per il 2023.
E naturalmente tanti auguri a tutti coloro che ci leggono e ci ascoltano
[2] Dal minuto 1.33 al minuto 3.07 della videoregistrazione: https://www.quirinale.it/elementi/75642