Riunione annuale delle rappresentanze dei lucani nel mondo. Intervento di introduzione alla prima sessione – Villa Nitti, Maratea 12.5.2023

Consiglio regionale della Basilicata

Lucani nel mondo – Riunione annuale

Villa Nitti Maratea, 11 maggio 2023

I sessione – La Basilicata delle opportunità

Intervento di introduzione tematica 

Stefano Rolando

Presidente della Fondazione “Francesco Saverio Nitti”, docente all’Università IULM di Milano, già direttore generale alla Presidenza del Consiglio dei ministri. 

1. La Fondazione Nitti

Autorità, amministratori della Basilicata, Presidente Bardi e Presidente Cicala ( ringraziando entrambi per i cenni fatti alla Fondazione Nitti), caro sindaco Stoppelli, cari rappresentanti delle associazioni dei Lucani nel mondo, colleghi e amici, ringrazio il Consiglio Regionale per l’attenzione che ha riservato alla Fondazione “Francesco Saverio Nitti”, nata a Melfi, naturalmente legata a questa Villa che fu per il presidente Nitti la casa del raccoglimento, degli affetti familiari e della scrittura della sua trilogia sul futuro dell’Europa tra potenzialità e tragedie, chiedendoci di introdurre la discussione di temi di attualità, temi su cui Nitti un secolo fa, anzi più di un secolo fa, scrisse riflessioni originali e controcorrente. La nostra mission è valorizzare il pensiero e l’azione politica e di governo di un lucano di statura internazionale. Ma è anche quella di mettere a disposizione dei territori e del Paese lungimiranza, progettualità, cultura economica e sociale di chi voleva non solo un’Italia libera e indipendente ma anche un’Italia moderna, competitiva, sviluppata, riducendo disuguaglianze sociali e geografiche.

2. L’Italia e gli italiani

Da tempo – pensando agli italiani in Italia e alla diaspora italiana nel mondo – calcolata cinque volte (fino alla quinta generazione) rispetto alla popolazione qui residente, ci si divide tra chi raccoglie il monito di D’Azeglio, al tempo dell’unità, Fatta l’Italia, ora fare gli italiani e tra chi legge il monito in forma rovesciata Fatti ora gli italiani (un unico popolo) bisogna fare ovvero rifare l’Italia. Risalendo a dibattiti importanti dall’unità in poi, a questa interpretazione della vocazione nazionale si doveva e si deve aggiungere che agli italiani era necessario più civismo, più formazione, più forza della classe dirigente e all’Italia era necessaria più qualità sociale, più manutenzione, più infrastrutture. Un pensiero per il passato e per il presente. Basta vedere la trama progettuale dell’approccio oggi ai fondi del PNRR.

3. Nitti e la questione migratoria

Fatemi partire, in questo luogo e in questa occasione, dal pensiero di Nitti, giovanissimo all’Università Federico II di Napoli, in cui diventerà presto docente di Scienze delle Finanzeprima di essere parlamentare, ministro (un ministro del Tesoro che fu artefice della risalita dell’Italia da Caporetto a Vittorio Veneto) e primo ministro. Con uno sbalorditivo primo libro (aveva 20 anni) con cui ci consegna alcuni parametri di giudizio sulla grande storia che questa assemblea di oggi evoca. L’emigrazione italiana. Leggo dal profilo biografico di Nitti di Giuseppe Barone, edito da Treccani:

– Nel 1888, prima di laurearsi, Nitti scrisse il saggio L’emigrazione italiana e i suoi avversari, in cui esponeva una tesi che lo contrapponeva agli altri studiosi. Sosteneva che l’emigrazione, per nei tempi dolorosa, sfoltiva il mercato del lavoro e costituiva anche in prospettiva un rinnovamento sociale e morale. Scrive Nitti: “Voler sopprimere o limitare l’emigrazione, voler con ingiuste ed inutili disposizioni, renderla malagevole e difficile, date le attuali condizioni economiche ed amministrative, è atto ingiusto e crudele. Poiché a noi in alcune delle nostre province del mezzogiorno specialmente, dove grande è la miseria e dove grandi sono le ingiustizie che opprimono ancora le classi più diseredate dalla fortuna, è una legge triste e fatale: o emigranti o briganti”. La precocità intellettuale di Nitti si manifestò in questo testo, in cui sostenne una legislazione favorevole ai flussi migratori verso l’estero come via d’uscita dall’arretratezza e dalla miseria di milioni di contadini oppressi «dalla cattiveria e infingardaggine delle classi dirigenti».

4. L’incomparabile paragone

Il mio compito introduttivo è di connettere il contesto storico che generò le grandi migrazioni tra la fine dell’800 e il primo ventennio del ‘900 e il contesto attuale di incomparabile cambiamento in cui i lucani in Basilicata e i lucani nel mondo possono parlarsi di cosa fare gli uni per gli altri e tutti per la propria terra con le forme del nostro tempo: la negozialità e la mobilità. Che è, nel mio piccolo, anche la riflessione che svolgo con i ragazzi meridionali che vengono a cercare competenze negli ambiti universitari, soprattutto specialistici, al nord; ma che ho anche svolto ai laureati delle magistrali dell’Università della Basilicata a Potenza ragionando sulla provocazione di Nitti (prima accennata: briganti o migranti) per stabilire un’etica di raccordo possibile con lo sviluppo di questa terra, qualunque divenga la loro realizzazione professionale. 

– Il punto di partenza è il testo della relazione parlamentare di Nitti sulla condizione dei contadini della Basilicata che data a poco dopo l’inizio del ‘900. 

– Il punto di arrivo è l’analisi sui punti di forza e di fragilita’ , dunque di transizione, che questa Regione – nei suoi stessi documenti ufficiali ( mi riferisco soprattutto al Liano Strategico regionale con tendenza 2030 – traccia oggi per parlare ai residenti e alle proprie comunità sparse nel mondo.

5. Il punto di partenza

Nitti fu a capo della Sottocommissione per Basilicata e Calabria e nel triennio 1907-1909 batté palmo a palmo campagne e paesi di quattro province (Potenza, Cosenza, Catanzaro, Reggio) interrogando migliaia di contadini, amministratori locali, funzionari statali ed esperti.

• Riscontrò povertà, paura, disboscamento, malaria, scempio del territorio. 

• Propose risanamento idrogeologico, demanio forestale, consapevolezza del ruolo combinato di emigrazione, innovazione tecnologica e imprenditoriale. 

6. Il punto di problematizzazione attuale 

Se guardiamo alla Basilicata da un osservatorio macroeconomico nazionale, ci appare da un trentennio attraverso una lente deformata dalla presenza di grandi imprese, quella automobilistica e quella estrattiva. 

– I dati del PIL pro-capite, stabilmente superiore alla media del Mezzogiorno e quelli dell’export, con una bilancia commerciale a saldo ininterrottamente attivo dagli anni ’90, sono ancora, nonostante le difficoltà che stanno attraversando i due settori, influenzati dai numeri espressi nel territorio dal gruppo Stellantis e dall’andamento dei prezzi dei prodotti petroliferi estratti in Regione.

– Se il PIL pro-capite è oggi di 23.000 euro contro una media Sud di 20.000, il reddito disponibile per le famiglie è in linea con le regioni vicine, attestandosi sui 15.000 euro.

– Una riflessione in più richiede il dato sulla disoccupazione, 5,5% contro il 13,8% della media del Sud. Su cui influiscono aspetti legati alla demografia della Regione.

– L’ISTAT dice che l’età media in Basilicata nel 2030 sarà di 49,1 anni e nel 2050 di 53,4 anni, secondo un trend di crescita lineare. La popolazione è in calo più del fenomeno nazionale e conduce la Regione verso i 400.000 abitanti entro 30 anni, riducendosi del 30%.

– L’indice di vecchiaia (rapporto tra ultra 64enni e infra14enni) è oggi pari a 3 e salirà a 4 nel 2050.

Insomma, in Basilicata il tasso di disoccupazione più basso è, anche, il frutto di una drastica riduzione del denominatore, ossia la base demografica con cui lo misuriamo: diminuiscono i residenti in età lavorativa e cresce l’emigrazione. Di recente anche i genitori che, appena pensionati, seguono i figli trasferiti altrove. Insomma, quasi tutti convengono su questo punto: la penalizzazione demografica. Così come il presidente Bardi ha tratteggiato in apertura indicando la priorità dello sforzo di ripopolamento.u

7. I Lucani, tra nuova generazione e rigenerazione

AirBnB, leader mondiale nell’ospitalità alternativa a quella alberghiera, osserva che, soprattutto dopo la pandemia, sono diventate meno nette le differenze tra le motivazioni di viaggio, un tempo suddivise tra le due grandi categorie di “vacanza” e “lavoro”.

– C’è un allungamento della durata dei soggiorni delle persone, che permangono più tempo fuori dal luogo considerato propria residenza stabile: da un mese a qualche anno con motivazioni le più diverse.

– Ciò accade soprattutto nella fascia tra i 20 e i 30 anni, in cui cresce con tassi esponenziali la quota di persone che non identificano più nessun luogo in particolare come la propria “residenza”. Il più evidente fenomeno è quello dei “nomadi digitali”: persone che, grazie a caratteristiche professionali e indipendentemente dall’ambito disciplinare, scelgono di lavorare in modo non vincolato ad alcun luogo fisico.

– Parimenti arretra l’ufficio tradizionale mentre avanzano gli spazi di coworking, dapprima nei nuovi quartieri delle grandi capitali europee, oggi anche nelle aree interne.

– È un mercato mondiale che si va aprendo ex novo e che può vedere l’Italia protagonista, grazie ad attrattività e competitività, anche dal punto di vista del rapporto tra costo e qualità della vita, di un tessuto di borghi costituenti l’ossatura delle “aree interne”. 

Oggi – dice l’APT della Basilicata – meno di 20 Comuni in Basilicata sui 131 si possono considerare turisticiin senso tradizionale, ma altri possono potenzialmente diventare attrattivi di nuova residenzialità.

8. Gli asset sociali ed economici

Il team di esperti che Fondazione Nitti ha consultato sostiene, in questo senso, che gli asset tradizionali socio-economici della Basilicata possono essere un buon punto di partenza: soluzioni abitative disponibili e a basso costo, una certa presenza di micro-imprese agricole specializzate e con una discreta varietà di produzioni alimentari, che si traducono lungo la filiera in una diffusa micro-impresa di trasformazione agroalimentare, collocate in scenari paesaggistici cangianti, un ambiente naturale percepito come sano, la relativa abbondanza di risorsa idrica, un consumo di suolo ancora limitato, la densità demografica bassa e, purtroppo, decrescente e, per finire, un tessuto di piccole e medie eccellenze monumentali, artistiche e architettoniche frutto di un sostrato culturale millenario. Tutti elementi che trovano sintesi nell’immaginario sulla Lucania, sviluppato a partire dall’episodio di Matera capitale europea della cultura per il 2019 e poi da una narrazione alimentata, di recente, soprattutto dal cinema. Sono però, con evidenza, fattori insufficienti a intercettare un fenomeno planetario di riconversione delle abitudini di vita e lavoro, se non accompagnati da una messa a sistema di ulteriori elementi di innovazione tecnologica con cui la Basilicata è in contatto da anni.

Tra questi, due in particolare. 

– La grande quantità di investimenti in produzione di energia rinnovabile, che rendono di fatto già oggi la Basilicata una regione “carbon free”. 

– Poi, ancora una volta, la presenza trentennale dell’industria meccanica e automobilistica, avanguardia soprattutto sui processi di organizzazione del lavoro e logistici.

Due picchi che condividono uno stesso elemento di debolezza: nessuno dei due è stato finora permeabile alla diffusione e socializzazione, né sotto il profilo del know how tecnico (salvo quello degli operai), né di quel sostrato culturale che i teorici dell’aziendalismo chiamano “spirito di imprenditorialità”.

9. I termini della sfida attuale 

In questo contesto si colloca la riprogettazione – concettuale e promozionale – di una cultura condivisa dell’attrattività. Io concordo con le parole del testo di tematizzazione del meeting: 

“L’attrattività di risorse umane di qualità riguarda l’intero tessuto economico lucano, compresa la comunità dei lucani nel mondo”. Quindi si turismo, ma anche altro. Investimenti produttivi, università più attrattiva, mobilità, potenzialità digitale, eccetera.

La sfida parte da qui ed è fondata sulla tessitura di relazioni tra fattori ed elementi già esistenti sul territorio. Una tessitura che passa attraverso la riflessione sulle classi dirigenti e sui percorsi di evoluzione delle competenze, soprattutto quelle per interpretare, dirigere e governare azioni di sistema complesse, in un quadro non ancora sperimentato nelle forme che si stanno manifestando.

Una nuova Basilicata attrattiva, in cui la sfida del PNRR può tentare di dire qualcosa, se si riuscirà ad intervenire tempestivamente.

– Ad esempio, con iniziative come il Piano per l’Attrattività dei Borghi, che ha visto vincitore per la Basilicata il progetto pilota su Monticchio Bagni, in cui Fondazione Nitti è parte, simbolo per altre esperienze, basato su un borgo di fine ‘800, da rigenerare oggi come luogo di ricerca e sperimentazione in relazione con la vicina area industriale di Melfi.

– O con le iniziative di potenziamento della rete ferroviaria e di sostegno alla mobilità alternativa ed ecosostenibile (si pensi all’idrogeno), che possono avere in Basilicata impatto notevole, per il favorevole rapporto investimento/abitanti.

– O, ancora, con gli investimenti delegati ai Comuni per il sostegno a famiglia e qualità della vita, come il piano per gli asili nido.

– O, infine, il pacchetto di risorse che i fondi europei 2021-2027 mettono in campo nella formazione e nelle competenze: dalle academy aziendali, agli ITS, al coworking, agli assegni di ricerca.

In definitiva, per una Regione piccola la sfida possibile è una tenuta a sistema, organica, di tutti questi fattori: asset tradizionali, eccellenze tecnologiche della storia recente, investimenti sulle competenze e traiettorie di sviluppo evocate da strategie di intervento delineate dai programmi comunitari per i prossimi anni. In tutto questo, la vecchia e la nuova generazione di “Lucani nel mondo” possono giocare un ruolo di primo piano, se la logica del “turismo delle radici” (tema della seconda sessione) verrà letta anche come un grande e crescente bacino di riferimento, per una lucanità futura tendenzialmente nomade.

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