
Andrea Purgatori vanta una biografia con un taglio internazionale non frequentissimo tra i giornalisti italiani, a cominciare dal suo master in Giornalismo alla Columbia University a New York nel 1980. Lo leggevo su Le Monde Diplomatique. L’ho conosciuto in occasione del Premio Crocodile – Altiero Spinelli per il giornalismo nel 1992. Ha fatto bene le molte e diverse cose di cui si è occupato. Il giornalismo d’inchiesta, la televisione, la scrittura letteraria e saggistica, il cinema. Un arco di linguaggi che segnalano intelligenza, versatilità, costante spirito civile e anche un modo moderno di divertirsi intellettualmente pur rasentando giorno per giorno asprezze, violenze, sconvolgimenti del nostro tempo. La notizia della prematura scomparsa ha sollevato unanime rimpianto e apprezzamento. Anche in chi dichiara di non collimare con il suo sguardo, ma ammettendo il suo rigore di ricerca. Lo segnalo nella mia rubrica di “congedi” lasciando il compito di raccontarlo al Corriere della Sera, il “suo giornale” (di cui è stato inviato dal 1976 al 2000), che oggi (Corriere.it) gli dedica sei pezzi di meritata “restituzione”. Tra cui ripropongo quelli di Paolo Conti e di Walter Veltroni. SR 19.7.2023 h. 14.15
È morto Andrea Purgatori: aveva 70 anni, colpito da una malattia fulminante. Cercò sempre la verità sul caso Ustica
Paolo Conti
Il giornalista, autore di grandi inchieste sul caso Ustica e su quello di Emanuela Orlandi, è morto a causa di una malattia fulminante: aveva 70 anni
Andrea Purgatori è morto. Giornalista, sceneggiatore e autore, classe 1953, è stato stroncato da una malattia fulminante, secondo quanto riferito dai figli Edoardo, Ludovico, Victoria e dalla famiglia. Per anni al «Corriere della Sera», dove si era occupato di terrorismo, intelligence, criminalità, Purgatori si era dedicato con tenacia alla strage di Ustica , del 1980, riuscendo con i suoi scoop a tenere aperto il caso. Su La7 ha condotto, con successo, il programma «Atlantide». Tra i suoi ultimi lavori la partecipazione al docu-film «Vatican Girl» sul caso di Emanuela Orlandi . Moltissime le reazioni di colleghi, politici, personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo.
Qui sotto, il ricordo firmato da Paolo Conti.
Parlare di Andrea Purgatori significa partire da un punto essenziale della sua vita professionale che nel tempo è diventato una sorta di suo sinonimo. Grazie al suo impegno e a un lavoro che non ha conosciuto né pause né incertezze, l’inchiesta sulla strage di Ustica è rimasta aperta.
Andrea Purgatori ha svelato le bugie e le omissioni di chi portava avanti la tesi di una bomba esplosa a bordo dell’Itavia che il 27 giugno 1980 viaggiava con 81 persone a bordo rivelando come il disastro fosse stato causato dall’impatto con un missile. E rimanendo sempre al fianco dei familiari delle vittime e soprattutto garantendo la ricerca della verità. Per questo Purgatori-Ustica è diventato un vero sinonimo, un marchio professionale di straordinaria continuità, di desiderio di arrivare alla verità, di difendere chi (i familiari delle vittime) si è ritrovato senza una persona cara e privato del proprio diritto a sapere cose fosse accaduto.
Le reazioni alla morte di Andrea Purgatori, in diretta
La vicenda di Ustica sintetizza tutto il carattere di Andrea Purgatori, il suo istinto di eccellente cronista (teneva molto a questo appellativo), di inviato di grande livello e qualità (per anni si occupò di Iran e di Libia in tempi in cui lavorare su quei campi era particolarmente complesso). Una scrittura densa, rapida, priva di inutili orpelli, diciamo severa. Esattamente come il linguaggio televisivo che i telespettatori hanno ritrovato nell’avventura di «Atlantide».
Chi legge queste righe perdonerà l’uso del pronome personale. Ma io ho avuto il piacere, direi ora il privilegio, di lavorare per anni con lui. A metà degli anni ’80 l’allora direttore Piero Ostellino decise un radicale ricambio generazionale al vertice della cronaca di Roma. Andrea capocronista, 32 anni, ed io suo vice, a 31. Decisione che provocò molte perplessità in una redazione di consolidati professionisti. E fu come gettarsi in una vasca d’acqua ghiacciata. Cominciammo a lavorare insieme dalla mattina a notte fonda. Andrea aveva continuamente intuizioni controcorrente. Sapeva che una cronaca come la nostra, che doveva fare i conti con concorrenti storicamente molto radicati nel territorio, poteva attirare lettori solo giocando di contropiede, sorprendendoli continuamente.
Rivoluzionò la grafica guardando ai quotidiani statunitensi (la sua permanenza da giovane negli Stati Uniti fu essenziale per la sua vita professionale e anche personale), puntò su un uso anche spettacolare delle fotografie, decise titoli più che coraggiosi. Pur essendo di fatto coetanei, devo a lui (oltre a mille, indelebili gesti di amicizia e di solidarietà, un patrimonio incancellabile) la scoperta di un modo diverso, direi proprio più coraggioso, di fare cronaca, di raccontare Roma, di non fare facile scandalismo ma di non temere mai il potere. Quando presi il suo posto partii da tutto questo patrimonio costruito soprattutto grazie a lui.
Si potrebbero scrivere intere pagine sulle inchieste di Andrea Purgatori, sul suo stile, sulla sua classe professionale e umana, sul suo amore per la vita, per i tre figli e anche per le occasioni di felicità e di bellezza che l’esistenza può offrirti.Una magnifica e fiera persona, incapace di ipocrisie e di patteggiamenti, schietta, ironica ed elegantissima.
Un vero giornalista, un protagonista della nostra storia civile. Un amico che nessuno potrà mai sostituire. Mai.
Andrea, limpido rabdomante della realtà: ecco perché gli siamo tutti debitori
Walter Veltroni
Andrea Purgatori nel ricordo di Walter Veltroni: «Avevamo progettato insieme una serie su Ustica, di cui sarebbe stato protagonista: senza di lui quella strage sarebbe rimasta sepolta sotto alle bugie. L’ultima volta ci siamo scritti che ci volevamo bene»
Faccio fatica a scrivere di Andrea al passato. La sua malattia è stata terribile, fulminante, spietata. Lui l’ha combattuta ma non ce l’ha fatta.
Ci siamo scritti finché ha potuto, con quel pudore che caratterizza le relazioni tra affetti quando qualcuno è colpito da una malattia. Avevamo recentemente progettato insieme una serie sulla strage di Ustica per una piattaforma internazionale. Avevamo scritto a quattro mani le puntate, avevamo definito contenuti e linguaggi. Volevamo che fosse lui il protagonista, perché se lo meritava. È lui il cronista coraggioso in interpretato da Corso Salani, altra morte prematura, nel bellissimo film di Marco Risi «Il muro di gomma». Andrea, la sera dell’abbattimento dell’aereo, ricevette una telefonata da una persona che conosceva. Questa voce gli diceva che le cose non erano andate come veniva già detto. Andrea si è gettato su questa storia con il coraggio che ha sempre animato il suo modo di intendere la sua professione.ùVoglio dirlo in modo chiaro, inequivoco: Andrea Purgatori è stato il giornalista esemplare. È stato la testimonianza che si può intendere il raccontare la realtà come una sfida costante con la propria coscienza, come un dovere che ha profili etici nei confronti delle cose, degli altri, di sé stessi. Non è mai stato un complottista, un dietrologo, non ha mai usato ideologie per raccontare la realtà. Aveva le sue solide convinzioni politiche e ideali ma non le ha mai usate per distorcere la realtà, per usare l’informazione a fini di parte. La sua parte, l’unica parte alla quale ha consacrato la sua vita professionale e personale, era la realtà. Non dico la verità, categoria di labile definizione. Ma la realtà, le cose come sono accadute.ùSu questo giornale Andrea ha scritto di Ustica per anni, per contestare le bugie pelose di chi sosteneva le teorie più strampalate: il «cedimento strutturale» o la «bomba a bordo» o tutte le altre follie che servivano a camuffare la realtà che Andrea aveva scoperto fin dal primo momento. Andrea Purgatori ha detto agli italiani che sul cielo di Ustica si era combattuta la più grande battaglia militare in Europa dalla fine della guerra. Una verità che faceva tremare molti ambienti, in Italia e all’estero. Una verità che gli costò minacce alla sua stessa vita.
Andrea non ha smesso mai di cercare, magnifico rabdomante della realtà. E lo faceva con una febbre che univa la sua coscienza professionale e quella civile. Lo sanno gli spettatori di «Atlantide» e tutti coloro che hanno letto i suoi articoli o i suoi libri.
Gli italiani, lo dico senza enfasi, sono debitori nei suoi confronti. Senza di lui, e senza la battaglia di Daria Bonfietti e dell’associazione dei familiari, Ustica sarebbe stata sepolta sotto le bugie.
Che si occupasse del caso Orlandi, dell’omicidio di Pecorelli o dei rapporti tra mafia e politica, sempre Andrea trasmetteva il senso di una limpidezza, di una incorruttibilità che ha onorato la sua professione e guidato e illuminato la sua vita.
Era un uomo simpatico, spiritoso, pieno di passioni e di gentilezza, con un senso dell’umorismo che lo rendeva una presenza straordinariamente piacevole. Con lui potevi parlare di cultura, di storia, di politica, di televisione. E di calcio, come abbiamo fatto tante volte, insieme, vedendo partite e divertendoci insieme.
Andrea era una di quelle persone che, se entrano in una stanza, vorresti non uscissero. Invece stavolta è uscito, per sempre. E, sinceramente, ora la morte di un amico come Andrea, di una persona come Andrea, di un giornalista come Andrea mi sembra troppo ingiusta e spietata per essere accettabile.
L’ultima volta ci siamo scritti qualcosa che tra amici, specie uomini, è difficile dirsi ma che varrà sempre: che ci volevamo bene.
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