Podcast n. 58 – Il Mondo Nuovo – 3.9. 2023 – Giuliano Amato e la memoria che fa notizia

Pubblicato sul magazine online Il Mondo Nuovo -. Rubrica “Il biglietto da visita

Versione audio: https://www.ilmondonuovo.club/giuliano-amato-e-la-memoria-che-fa-notizia/

28.11.1985 – Al Quirinale Francesco Cossiga e Giuliano Amato

Stefano Rolando

Rappresentazione. Che poliedrica parola!

Tutti i media, tutte le arti, tutti i segni, tutte le parole e le immagini che ci stanno attorno sono parte di questo immenso e incessante processo.

Questa nostra rubrica (Il biglietto da visita, cioè il tema dominante di come vogliamo rappresentarci o rappresentare le cose), giunta a quasi 60 appuntamenti alle spalle, arriva a sfiorare solo la minima parte dei fatti su cui ci sarebbe qualcosa da dire. E così ogni fine settimana sono sempre nell’imbarazzo della scelta. Avrei voluto oggi parlare di Oppenheimer e del suo mancato dibattito sull’aspetto cruciale del tema sotteso (il pericolo atomico e la teoria del male minore). Avrei voluto oggi parlare dell’8 settembre (tra pochi giorni) nell’80° di una data spartiacque per l’Italia che contiene ancora dilemmi identitari non risolti. Lo farò la settimana prossima.

Oggi non posso saltare un argomento che è in prima pagina sui quotidiani e sui TG messo in campo da una personalità italiana che conosco rispetto a cui in nome del principio assunto ai tempi in cui ho strettamente collaborato è rimasta regola (cioè niente chiacchiere) appunto fatico a farne oggetto di scrittura – o in questo caso – dicitura pubblica. Mi riferisco a Giuliano Amato, due volte presidente del Consiglio e presidente della Corte Costituzionale, per me il primo che ha dato ruolo di ministro di prima fila all’incarico di sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Tornato al pieno e non vincolato diritto di parola, rilascia mensilmente da tre mesi una programmata intervista a Repubblica, curata da Simonetta Fiori, che – per definizione del carattere della fonte – è sempre un punto di raccordo tra memoria e   attualità. Come del resto è quasi sempre in quella generazione di figure politiche che non hanno rotto i ponti con la cultura e quindi con l’analisi del passato per indagare anche il presente e per scrutare meglio il futuro.

Leggo che qualcuno chiede il “motivo” di ritirar fuori ora la vicenda delle cause dell’insoluta tragedia di Ustica. Probabilmente qualcuno che si ritiene omologato alla cultura del Trending Topic, cioè quella secondo cui  sui media deve passare solo “l’aria che tira”.

E qui sta il primo punto di dibattito. Una voce ogni tanto contro il presentismo è semplicemente salutare. E quando si toccano i gravi insoluti italiani questa voce diventa anche un atto morale.

La divaricazione reattiva tra la premier Giorgia Meloni (che apre una porta al legittimità di eventuali nuove conoscenze) e il suo stesso sottosegretario Mantovano (che la chiude) è – politicamente parlando – già un segno dinamico. Sui giornali di domenica volano parole più pesanti (destabilizzazione, eccetera), ma ci si accontenta ora anche di ritocchi all’agenda. Se il ministro degli Esteri pensa di cavarsela dicendo che ha parlato un “privato cittadino”, consulti l’ufficio storico del suo ministero scoprendo che i memoriali di alcuni statisti hanno fatto più politica di tutta la diplomazia messa assieme.

Da questo punto di vista bella l’intervista di Luigi Zanda, persona molto rispettabile, che al tempo era portavoce del presidente del Consiglio Cossiga e che comprende bene le posizioni di chi era ed è in campo non per aumentare le bugie, ma al contrario per ridurne la portata.

Aggiungo che la versione delle responsabilità francesi, con connessioni Nato (dunque anche americane), riguardo ad Ustica è di vecchia data. È argomentata anche se con solidi indizi ma non irrefutabili testimonianze. Fu la tesi del presidente della Repubblica Francesco Cossiga. E Amato presidente del Consiglio ne fece materia di sollecitazioni ai governi francesi. Sarkozy oggi reagisce stizzito, dicendo “sono quelli della gauche”. Si capisce che è fuori dal gioco. Perché altrimenti risponderebbe come Macron: siamo sempre pronti a collaborare. Certo, colpisce la posizione a muro dei militari italiani al tempo e per certi versi anche ora. Che inevitabilmente porta ai vincoli di un quadro Nato. Non indifferente l’opinione del presidente Amato sulla reticenza storica dei militari con la politica rispetto al fatto in questione. Intanto il fatto, ora emerso, che la ditta incaricata del recupero dei resti dell’aereo Itavia fosse relazionata ai servizi segreti francesi non appare così trascurabile.

Quanto al dibattito post-socialista, sempre giustamente sensibile alla storia da scrivere sul “caso Craxi”, qui suggerirei di non intervenire in modo affrettato in materia del “dito che segna la luna” quando è in esame il possibile consolidamento degli argomenti veri di relazioni internazionali a proposito degli aspetti cruciali di quella storia.

Credo che in ogni caso, su tutta la questione, la riproposta di discussione potrebbe riaprire qualche fatto di coscienza o qualche conoscenza archiviata. Avrebbe un gran valore anche rispetto ad altre questioni degli insoluti (a cominciare dal caso Moro).

Infine, sul senso metodologico di porre oggi un tema di dibattito su Europa-Nato-Usa-Francia-Italia non mi pare argomento peregrino rispetto ai nodi della prossima Europa (2024) e rispetto agli orientamenti europei in ordine ai temi posti dalla guerra russo-ucraina. Non ci sono accenni nell’intervista a Repubblica, che si limita al fatto di coerenza personale, ma c’è un implicito che dovrebbe interessarci.

Una piccola aggiunta riguarda l’implicita lode nell’intervista per il vero giornalismo di inchiesta  – forte in America, debole in Italia – a proposito del ruolo di Andrea Purgatori e del rimpianto per la sua scomparsa. Anche qui c’è qualcosa che riguarda alcuni deficit del presente. E con scelta intelligente il Corriere della Sera sta in partita ripubblicando l’ultimo articolo al riguardo scritto sul giornale dal suo ex-inviato, appunto Andrea  Purgatori.

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