Professioni per la comunicazione del Terzo settore – Conferenza IULM-FERPI –  Intervento conclusivo

Stefano Rolando

Direttore scientifico dell’Osservatorio sulla comunicazione pubblica , il public branding e la transizione digitale, centro di ricerca dell’Università IULM di Milano.

IULM e FERPI hanno collaborato nel promuovere una conferenza presso l’università IULM di Milano, condotta da Maurizio Trezzi che insegna “Comunicazione pubblica e sociale” dedicata soprattutto a studenti che sono interessati all’orientamento professionale nell’ambito della comunicazione connessa al terzo settore, che si è svolta martedì 10 ottobre con molti partecipanti e con relazioni e tavole rotonde con esponenti di molti ambiti professionali del terzo settore. Tra di essi Umberto Ambrosoli (presidente Fondazione BPM), Dario Bolis ( capo della comunicazione di Fondazione Cariplo), Filippo Nani ( presidente FERPI), Guido Di Fraia (prorettore IULM), insieme a operatrici e operatori di diversi ambiti di sviluppo delle professioni comunicative nel terzo settore. Ha aperto i lavori il prof. Massimo De Giuseppe (delegato del rettore IULM per l’inclusione e la disabilità e promotore dell’iniziativa ) a cui ha fatto seguito la relazione di Maurizio Trezzi che ha presentato un rapporto di indagine. Sono stato invitato ad intervenire nella conclusione dell’incontro. Questo il contributo svolto nella versione integrale, rispetto alla più sintetica esposizione fatta a braccio.

Milano, 10 ottobre 2023 – L’opportunità dell’iniziativa di oggi – opportunità per gli studenti, ma anche per chi lavora nella costante riprogettazione dell’offerta formativa dell’ateneo e in generale nel quadro del necessario aggiornamento su questa materia – è argomentata con un dato demoscopico, con qualche dato economico interessante e con alcuni argomenti che segnalano processi in transizione su cui è bene parlare per contribuire all’evoluzione, speriamo positiva, dei cambiamenti in atto.

Il dato demoscopico da cui parto riguarda la situazione reputazionale dei principali settori che attraggono  professionalmente coloro che  si formano nell’area complessa della comunicazione pubblica. L’ area propriamente istituzionale – fatta salva la presidenza della Repubblica, le forze dell’ordine e il sistema scolastico – è purtroppo in grave e costante declino di fiducia. Faccio riferimento alle rilevazioni annuali Demos in cui si arriva a una media inferiore al 30%, con alcuni ambiti istituzionali (tra cui il Parlamento, lo dico con disagio) in cui non si passa oltre il 15%. Se parliamo dell’area che riguarda la politica, ho già detto del Parlamento, il Governo (impersonalmente) si colloca con tre quarti di cattiva reputazione, i partiti navigano tra il 5 e il 10%. Se poi ci riferiamo a sistemi di rappresentanza collettiva di interessi economici ( dalle banche ai sindacati alle rappresentanze di categoria) la sfiducia è diffusa con medie simili a quelle riservate alle istituzioni (30% massimo di fiducia).

Questo non vuol dire che in questi ambiti non si lavora, ovvero che non ci siano opportunità ( anche magari contribuendo a migliorare la percezione presso i cittadini). Si vuol dire che a fronte di questa stagnazione reputazionale, che comporta anche modesta attrattività, si assiste demoscopicamente a una crescita di reputazione di quasi tutti gli ambiti associativi (sociali, di scopo, di solidarietà, di competenza professionale) che a fine 2022 si segnalava fino al 46% e che potrebbe quest’anno sfiorare il 50%. Anche se questo rappresenta un dato di carattere generale, credo che abbia a che fare con le ragioni di questa conferenza.

Veniamo ai dati economici e produttivi.

I dati più aggiornati sul terzo settore[1] parlano di 370 mila soggetti ( in generale di piccole dimensioni) che occupano 870 mila dipendenti stipendiati (dato in leggera crescita). In crescita è anche il PIL, pari al 5% del PIL nazionale. Il valore della produzione del settore è (dato ISTAT 2022) di 48 mld di euro. Dato straordinario in Italia è costituito dai 4,7 milioni di volontari (un po’ in calo) che costituiscono il forte rafforzamento di quei piccoli soggetti di iniziativa, che mettono in movimento un certo (non grande ma non stimato con esattezza) trasferimento nell’area del lavoro stipendiato.

Come si vede siamo di fronte di un sistema che, con forze e fragilità, non può non interessare giovani destinati al mercato del lavoro con motivazioni sociali e valoriali.

Ma veniamo alle transizioni problematiche.

Il primo tema riguarda i nostri ambiti di didattica e formazione.

Che disegnano un certo perimetro attorno alla parola “comunicazione”. Che alla fine diventa il perimetro delle destinazioni tendenziali dell’approccio al mercato del lavoro. L’accento è ancora largamente messo sulla comunicazione commerciale di impresa. Dove c’è più domanda, più remunerazione, più cura formativa. Il cuore della professione resta legato a indurre opzioni di acquisto.E dunque la regia di questo settore professionale è tendenzialmente regolato dal marketing, che ha il compito di escludere mercati “ inutili” e di orientare la narrativa verso mercati “utili”. Questa connotazione sta sempre più riguardando anche la comunicazione politica perché anche il voto è un atto di acquisto. E perché il contenuto valoriale (una volta si diceva ideologico) tende a marginalizzarsi e a trasformarsi in polemiche funzionali alla visibilità.

Restano così fuori da questo schema la comunicazione istituzionale e quella sociale. La prima – anche se conta ancora su una normativa che la legittima – e sempre più schiacciata dalla invasione della comunicazione politica nei suoi stessi ambiti. Mentre la seconda – considerata un po’ la cenerentola del sistema – è pressata dalla necessità di promuovere fundraising e spesso non ha molti margini per argomentare le ragioni sociali del bisogno.

Quale è allora, in questo quadro, il tema in transizione?

Che c’è ancora un eccesso di connotazione concettuale che riguarda il profilo di “messaggio” nella parola comunicazione (segno, parola, immagine, suggestione) e non ha ancora trovato un suo spazio, adeguato e necessario per tutti, l’idea che dentro quel perimetro c’è e sempre più ci deve essere l’attività di comunicazione intesa come “rappresentazione”, “relazione”, “accompagnamento”, “organizzazione dell’ascolto”, “interpretazione dei processi”.

Il secondo tema in transizione riguarda gli investimenti che necessitano di accompagnamento comunicativo.

Il grosso riguarda dimensioni materiali (infrastrutture, costruzioni, manifattura, prodotti di ogni genere) ma anche dinamiche finanziarie (soldi per produrre soldi) e anche per promuovere eventi.

Cresce – ancora con carattere minoritario ma con tendenze importanti – l’ambito dell’economia immateriale. Cresce meno – ma anche qui la tendenza è verso lo sviluppo – il sostegno alla qualità dei servizi e alle dinamiche connesse a bisogni e diritti.

Più si dispone di cantieri sperimentali su questi ultimi ambiti citati, più si rafforza la logica di “capacity building ” della comunicazione del terzo settore.

E arrivo al terzo tema in transizione, per il quale servono conferenze come quella di oggi, perché riguarda l’evoluzione della formazione nei campi della comunicazione.

Si è detto di una certa marginalità della comunicazione sociale, ma il tema qui non è solo dell’offerta, ma anche e soprattutto della domanda. Strategie connesse con l’ andamento delle transizioni citate ( e di altre qui tralasciate) dovrebbero essere immaginate e perseguite per agire sulla riqualificazione della domanda in direzione di un ragionamento di prospettiva del terzo settore, a partire dai dati che ho prima brevemente ricordato ma che gli esperti del settore (cito tra tutti il mio amico economista Giorgio Fiorentini che in Bocconi si dedica a questa materia da molti anni) sanno leggere anche previsionalmente incoraggiando così i decisori.

Per concludere avevo immaginato di citare alcuni ambiti in cui la transizione potrebbe vedere alle porte svolte significative.

Non ho il tempo per svolgere una ricognizione anche se affrettata attorno a questi ambiti.

Mi limito pertanto solo alle citazioni.

  • Un ambito è certamente rappresentato dalla ora negata ma necessaria e possibile svolta regolamentativa dei processi migratori, in cui gli operatori sociali e i mediatori culturali e linguistici possono assicurare fasi nuove e diverse dall’attuale prevalente gestione “securitaria”.
  • Un ambito – messo a prova anche dalla lunga epidemia non ancora estinta – riguarda il ruolo socioassistenziale connesso alle dinamiche della salute, che nella programmazione preventiva del futuro deve trovare diversi assetti.
  • Un ambito dovrebbe accogliere il sentimento ambientalista che connette oggi generazioni e nuovi equilibri tra modelli di produzione e consumo e modelli di rispetto delle soglie di vitalità della natura del pianeta. Anche qui, dove il volontariato è molto rilevante, ci sono condizioni, accelerate da un uso più adeguato del principio di sussidiarietà, per sviluppi di economie ambientali che possono ampliare le opportunità di lavoro e per le quali la comunicazione e l’educazione sono fattori di alimentazione.

E, infine, una annotazione che riguarda i temi da discutere in vista delle elezioni europee del 2024. Il “terzo settore” concettualmente nasce in Europa a metà degli anni Settanta nel quadro di concepire un presidio specifico attorno alla cultura (che caratterizza tuttora l’Europa) del Welfare. Approda a legge in Italia 2016. Il tema deve restare nell’agenda politico-elettorale del 2024 proprio per la ragione della sua specificità. Se sparisce l’Welfare sparisce l’Europa.

Ringrazio Massimo De Giuseppe e Maurizio Trezzi per aver riaperto qui la discussione sull’insieme di questa problematica.

Nella foto – Tavola rotonda con operatrici e operatori della comunicazione in ambiti professionali del Terzo Settore (coordinata da Maurizio Trezzi)


[1] Giorgio Fiorentini, Impresa sociale e Terzo settore, Università Bocconi Milano.

2 thoughts on “Professioni per la comunicazione del Terzo settore – Conferenza IULM-FERPI –  Intervento conclusivo”

  1. Grazie Professore per questa preziosa sintesi sulla comunicazione nel Terzo Settore. In 26 anni di attività in quell’ambito, é la prima volta che leggo un’analisi così puntuale e proveniente dall'”esterno”. La rotta si sta tracciando per un riconoscimento e consolidamento della professione. Questo articolo é un bel balsamo per chi ogni giorno si affanna a fare comprendere l’importanza del ruolo del comunicatore.
    Grazie!

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *