Comunicazione sulla chat del Consiglio Nazionale FCE
25.10.2023
Carissimi, come saprete ieri si è tenuto il webinar sul Medio Oriente, i contributi sono stati tutti estremamente interessanti e ringrazio ognuno dei partecipanti per l’interesse e l’attenzione all’iniziativa. Devo un particolare ringraziamento al prof. Stefano Rolando che ha curato la introduzione e la sintesi di questo nostro importante appuntamento. Oltre a quanto potrete leggere nella nota esplicativa dei lavori svolti, che segue, Vi informo che è stata accolta la mia proposta di organizzazione di un gruppo che s’impegni e si confronti sulla delicata questione, per produrre un elaborato tematico, da porre certamente agli atti della Federazione, ma per il quale non è da escludersi un diverso utilizzo anche con finalità di comunicazione e/o per la organizzazione di una iniziativa specifica che preveda interventi autorevoli e significativi. A tal fine anticipo che di questo gruppo di lavoro al momento fanno parte: Stefano Rolando, Alfredo Venturini, Massimiliano Didò, Luciano Pilotti, Francesco Carelli , Gianluca Pellitta. Attendo altre manifestazione d’interesse alla partecipazione al predetto gruppo ed entro la fine della settimana sarà comunicata la data della prima riunione. Un caro saluto a tutti
Francesca Straticò
Il conflitto mediorientale nella discussione dei civici italiani
In linea con i dati demoscopici di un forte impatto – civile, informativo, emotivo – sugli italiani della tragedia innescata dall’evento terroristico compiuto da Hamas in Israele, i membri del Consiglio nazionale della Federazione dei civici hanno promosso un’assemblea tematica sugli sviluppi di questa crisi. Per confrontare sensibilità, interpretazioni, forme del diritto di parola. E soprattutto per esprimere, nella complessità del dibattito pubblico e politico sulla materia, la visione di un plausibile futuro che parta anche dalla specificità dell’esperienza civica in Italia: radicamenti e identità territoriali da intendersi come fattori rivolti all’integrazione non ai nazionalismi; e altresì solidarietà sociale e visione dello sviluppo nella pace e nell’equità.
Questi i punti di convergenza che la discussione ha fatto emergere:
- Pur nel realismo e nell’amarezza di fronte agli accadimenti e anche di fronte a ulteriori annunci di violenze, si deve avere il coraggio di sperare che la trama diplomatica in atto possa contenere l’ulteriore esplosione di aggressività che, da entrambe le parti, bersagliano in forma criminale la vita delle popolazioni inermi. Generando al contempo essenziali condizioni di una ricostruzione – inevitabilmente difficilissima – delle condizioni di convivenza.
- Malgrado il mancato raggiungimento nel summit del Cairo di una convergenza anche solo di principio tra la filiera dei paesi euroccidentali e la filiera dei paesi mediterranei e mediorientali, dunque espressione di culture cristiane, musulmane, ortodosse e a-religiose, si ritiene che quel quadro di contiguità con l’area di crisi abbia una principale responsabilità di creare un vero accerchiamento internazionale della crisi per mettere ciò che è condivisibile nel medio termine a disposizione di una globalità di accordi (che rispondono anche ad altre ragioni e priorità).
- E’ ragionevole pensare che la “condivisibilità” non vada ora ricercata sulle spinte di imporre il punto di vista sulla “responsabilità primaria”, che pure esiste in linea di principio, di riferirsi all’intrinseca natura terroristica di Hamas (come insistono i paesi occidentali) ovvero di riferirsi alle condizioni di deprivazione di libertà e sovranità del popolo palestinese. Si deve prendere atto di questa distinzione che corrisponde a una interpretazione storica difforme. Ma che nel corso di tutta la vicenda post-bellica, cioè dalla costituzione dello Stato di Israele (che prevedeva anche la costituzione dello Stato di Palestina, vanificata dalla guerra scatenata dagli Stati arabi contro Israele), ha portato, comunque, a molti accordi, intese internazionali e regionali, sperimentazioni concrete attorno a un cantiere mai sopito in una grande parte della popolazione sia ebraica che palestinese, attorno all’idea della costruzione regolamentata e vigilata della convivenza.
- Questo principio deve essere ora fortemente perseguito dal governo italiano e dalle istituzioni europee. Per svolgere una barriera all’ulteriore imbarbarimento del conflitto (cosa che naturalmente comprende anche il migliore esito possibile per la grave questione degli ostaggi) e soprattutto per generare un terreno di accelerazione del progetto ricostruttivo che veda un consapevole importante traino del sistema euromediterraneo che costituisce la cornice di naturale prossimità dell’area di crisi.
- Per “progetto di convivenza” si deve intendere – riprendendo il filo più volte spezzato a causa delle radicalizzazioni rispetto alle politiche di confronto pacificato che tanto Israele quanto Palestina hanno espresso, anche con diverse idee della “democrazia”, negli ultimi 70 anni – la creazione delle condizioni di diritto e di sicurezza per l’ esistenza di due Stati riconosciuti attraverso una procedura di rigenerazione progettuale governata dall’ONU. Obiettivo, tra l’altro, che tutti i sondaggi demoscopici condotti in Italia nel corso di questa crisi segnalano come la via di uscita che conserva il consenso largamente maggioritario.
- E questo convincimento é fortemente accolto dal civismo progressista italiano che e’ attuato in una intesa federativa al nord, al centri e al sud , in cui il principio geopolitico inteso come importante significato per il futuro dell’Italia è quello dell’orientamento alla euromediterraneita’”.
- Quanto al cantiere di breve termine, esso deve allineare elementi di persuasione economica, culturale e militare, in cui sia favorita la ripresa di un dialogo che escluda i preamboli di oltranzismo religioso e bellicistico in ordine allo sterminio pregiudiziale del nemico, inteso come un aberrante principio estraneo a tutte le costituzioni europee.
- Infine, per inquadrare la visione del processo di ricostruzione del cantiere di pace in un orientamento generale alla preoccupazione collettiva, degli italiani e degli europei, all’insieme delle soluzioni dei nodi conflittuali dell’area mediterranea, deve essere al tempo stesso invocata una profonda revisione europea delle politiche migratorie per mettere in condizioni istituzioni, imprese e organizzazioni sociali di lavorare, nell’interesse stesso della pace e della sicurezza, per le finalità dell’integrazione e non del cinismo respingente la spinta della mobilità globale che, se non gestita e regolata, può finire a sommergere l’Occidente a causa della sua stessa indifferenza.