Podcast n. 67 – Il Mondo Nuovo – 4.11.2023 – In lode di un programma tv. Il Dante all’Inferno di Aldo Cazzullo.

La 7, mercoledì 1 novembre 2023

Versione audio:

Stefano Rolando

Il programma televisivo Una giornata particolare che  Aldo Cazzullo, vicedirettore del Corriere della Sera,  realizza settimanalmente sulla 7, è fatto con cura.

La ricostruzione storica è attenta. Il ritmo è attrattivo. Il conduttore, anche se adotta una formula ammirativa,  si contiene in una valida postura informativa.

Le integrazioni – su alcuni luoghi cruciali della rivisitazione – sono affidate a due bravi giornalisti che vanno sempre su punti piuttosto inediti.

Cazzullo è argomentato, serrato, orientato a semplificare l’immensità della materia.

Una sorta di Enzo Biagi del nostro tempo. Ma con più rigore di ricerca, più tecnologie visive a disposizione, più costruttore di tessere che riguardano la radice identitaria italiana.

Per questo il suo rapporto con Dante Alighieri, a cui è stata dedicata la trasmissione del 1° novembre, mi ha piuttosto incuriosito.

  • Perché il suo viaggio televisivo ha avuto alle spalle un libro di tre anni fa dedicato a rivisitare la passione secolare degli italiani (e non solo) per l’Inferno di Dante (A riveder le stelle, Mondadori, 2020). Era ben scritto, molto motivato a ritrovare la cerniera con l’immenso patrimonio delle radici che viene proprio agli italiani dal loro capostipite identitario.
  • Perché la riorganizzazione narrativa della “giornata particolare” – anche qui attorno alla fascinazione spettacolare dell’Inferno – approfitta razionalmente ma anche con rispettosa eleganza dell’opportunità del mezzo audiovisivo rispetto al mezzo che si limita alla parola scritta. Cosa intendo per “rispettosa eleganza”?  Intendo per esempio l’importante uso dello zoom attorno ai mosaici o agli affreschi che appartengono alle volte delle nostre chiese più antiche. Tracce non decifrabili ad occhio nudo dai turisti. Ma viste così diventano immediatamente la vistosa ragione di indagine sulla fonte che questo patrimonio artistico era per Dante: una potente alimentazione della sua già potente immaginazione.
  • E poi perché (lo dico per terzo e ultimo punto), senza neanche citarlo, Cazzullo risponde con argomentazioni elevate alla diciamo pure volgarità  secondo cui il ministro della Cultura Sangiuliano ha tentato di accreditare Dante Alighieri come la radice culturale della destra italiana. Ben inteso senza farlo nemmeno diventare la radice della sinistra. Perché il presupposto dell’indagine identitaria è quello di svelarne la natura storica di essere stato niente meno che l’inventore dell’Italia.

Ho pensato di dedicare uno di questi miei podcast settimanali alla giornata particolare di Dante all’Inferno raccontata da Aldo Cazzullo perché questa rubrica, via audio,  si occupa della varietà e della complessità del tema “rappresentazione”. E con il tema scelto per la puntata di oggi possiamo davvero dire che la rappresentazione prende infinite forme:

  • la modernità degli archetipi stessi della cultura italiana.
  • la messa in campo di una tv di qualità – soprattutto nella fascia della prima serata – per non dipendere ormai solo dal frastuono polemico molte volte  senza valore aggiunto della maggior parte dei talk show.
  • ci sta anche la  riconvenzionale di un giornalista sornione, ma con proprie forti idee civili (come dimostrano anche i suoi più recenti libri sul l’origine e la natura del fascismo), rispetto alla inaccettabile manipolazione fatta nientemeno che dal ministro della Cultura.
  • il nesso nella ricerca visiva tra l’arte, la poesia, il paesaggio, i luoghi religiosi e civili, in una chiave riassuntiva di ciò che sta dentro all’italianità larga di uomo antico come Dante. Questa “ricerca visiva” dilata  narrativamente il  perimetro che per molti è  limitato alla parafrasi delle terzine dantesche, cioè tradurre Dante, ccome si è  fatto per generazioni nella scuola italiana, pur con il fervore e molte volte anche  la passione di generazioni di professori.
  • In fine l’ umanità di una biografia, un nome e un cognome collocati tra la fine del Medioevo e l’inizio del Rinascimento (a rigore sarebbe Durante degli Alighieri, oggi per tutti è un soprannome Dante,  meravigliosamente ricondotto ai suoi amori, alle sue fascinazioni etiche e politiche, ai suoi maestri e ai suoi avversari, alla sua radicalità morale, al superamento della sua stessa fiorentinità, alla sua immensa solitudine, alla sua immaginazione che travolge il passato ricongiungendoci carnalmente alla classicità grazie alla figura di Virgilio, alla sua politicità (lui Priore di Firenze), alla sua religiosità. Come se non fosse un uomo limitato, come tutti lo siamo, da un’anagrafe;  ma piuttosto una figura riassuntiva della rappresentazione storica appunto dell’italianità.

Permettetemi ora di dare  la parola ora allo stesso Aldo Cazzullo per i primi due minuti di trasmissione.

Troverete una buona sintesi di quanto ho provato ad anticipare finora.

https://www.la7.it/una-giornata-particolare/video/dante-alighieri-linventore-dellitalia-01-11-2023-511322

Come ho detto, Aldo Cazzullo è un giornalista di vaglia. L’apprezzamento del libro e di questa serie televisiva è sincero. Sia solo concesso, in questo quadro, fare un breve caveat.

Essere sulla cresta dell’onda,  in fase anche iperattiva, con i libri in classifica e i programmi con buoni ascolti, molto presente nei talk, non è una polizza a vita.  Oggi in tv vige un format per cui, in generale,  primeggiano libri dei giornalisti oppure   giornalisti  che parlano di libri di altri giornalisti. Si chiama la “formula Bruno Vespa” . Che ci siano veri esperti e studiosi che scrivano libri importanti  magari raccontati da altri veri esperti avviene a ore impervie e su canali minori.  I giornalisti aiutano molto a spiegare cose complesse con linguaggi più accessibili, senza dubbio. Ma quando sono attenti – come Cazzullo è – al rapporto più plurale tra cultura e media penso che debbano avvertire anche la loro soglia di sovraesposizione. Lo dico anche per preservare la percezione presso un certo pubblico di un bravo giornalista.

Argomento questo che varrà forse per il futuro e che non toglie una virgola all’efficacia di questo  programma televisivo. Infatti ho  pensato  di accennare  qui oggi al Dante all’Inferno affrontato da Aldo Cazzullo con i sentimenti prevalenti del telespettatore coinvolto.  Non tanto quindi quelli del professore, dell’analista politico, dell’ex funzionario di Stato, del commentatore. Perché il pregio qui sta proprio nella popolarizzazione culturalmente corretta di una materia altissima e ormai monumentale. Collocarla nell’umanità del suo protagonista e nella bellezza estetica dei suoi riferimenti non può lasciare nessuno spettatore indifferente.

Anche se la cautela stilistica piemontese del conduttore tendenzialmente trattiene l’enfasi, ci sono tratti in cui si genera vera commozione.

Ed è anche  naturale che la  nostalgia del primato dei classici affiori in qualcuno. Stimolando un po’ gli occhi del paradiso perduto dell’età in cui abbiamo combattuto per impadronirci delle corretta parafrasi degli immortali versi del “Sommo Poeta”.

Anche se devo confessare che, da studente,  ho avuto alcune volte sentore e fino a un certo  punto capito che era più importante mandare a memoria la potenza evocativa di parole magari non compiutamente comprese e riferite. Piuttosto che ridurre l’originalità poetica a rimandi, note, rinvii, soddisfazioni banali  di una presunta e non concessa facile padronanza grazie forse ad un certo svilimento dell’aura poetica.

Ricordo di avere persino qualche volta gioito di versi ripetuti senza un compiuto controllo dei significati.

Come facevano d’abitudine le nostre donne anziane nelle chiese nel ripetere il Miserere ovvero a cantilenare il mistero del latino perfettamente compatibile con il  loro dignitoso dialetto.

Così voglio anche aggiungere di aver letto – con una certa emotività – il libro “A riveder le stelle” nel corso del primo aspro anno della pandemia. Ne apprezzavo anche il carattere metaforico, rispetto al ripiegamento impaurito di tutti noi.

Ora faccio una cosa con tutta semplicità: lodo una trasmissione televisiva.

In questi miei podcast settimanali non sono mancate critiche anche pesanti a fatti, opinioni, persone, occasioni mediatiche che nel trattamento di un potere (che è appunto la rappresentazione) dimenticano spesso umanità e responsabilità.

Ci deve essere posto per una lode, quando il lavoro dei media sul nostro patrimonio immateriale tende a riunirci, a farci ritrovare attorno ai fondamentali.

E quel libro – su questo argomento  che ha come principale istanza quella di tenere insieme nello spirito di speranza soprattutto i giovani – aveva una conclusione con il sapore del lievito.

Questa che vi leggo e con cui concludo anche questa breve recensione:

Interpretare un poema antico di oltre sette secoli alla luce del presente sarebbe sbagliato. Ma lo sarebbe anche ignorare l’eterna giovinezza della Divina Commedia. La poesia di Dante si rivolge a ogni generazione di lettori, e quindi parla anche di noi, del tempo che ci è dato in sorte. E a ognuno di noi consente di pensare che il peggio sia alle spalle. Che il meglio debba ancora venire, per le nostre vite e per la nostra comunità nazionale di cui Dante – poeta dell’umanità – può considerarsi il fondatore. Perché ci ha dato non soltanto una lingua, ma soprattutto un idea di noi stessi”.

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