Daniela Mainini, presidente del Centro Studi Grande Milano, ha coordinato e pubblicato in rete il 16 giugno 2018 quarantasei testimonianze augurali per gli 80 anni di Carlo Tognoli. Una pubblicazione semplice, giusta, convergente. Che si apre con una nota e del sindaco di Milano in carica Giuseppe Sala e si chiude, dopo un legame di oltre mezzo secolo, con un pensiero di Claudio Martelli.
Tra i contributi, questo il mio.
Carlo Tognoli. Una vita dedicata a prendere sul serio qualunque responsabilità
Stefano Rolando
Nella primavera del 1986 – Carlo Tognoli era sindaco da dieci anni, io ero direttore generale a Palazzo Chigi dal 1985 – varammo, nelle collane editoriali della Presidenza del Consiglio, un trimestrale dedicato alla cultura e alla scienza in Italia, con raffinata impaginazione e iconografia, dedicando il cuore tematico del primo fascicolo alla cultura a Milano. In vista di quell’obiettivo resi visita al sindaco a Palazzo Marino, cogliendo l’occasione per parlare di alcuni argomenti (salone del libro, eventi di rilevanza internazionale, eccetera). Il sindaco stava seduto in poltrona nel salottino e teneva un block-notes sul bracciolo.
La buona conoscenza dagli anni ’70 ci risparmiava convenevoli. Se entravo in un argomento di qualche concretezza, lui annotava. Se l’argomento andava a conclusione, il sindaco suonava un campanello. Un ausiliario entrava con discrezione nella stanza, ritirava il foglietto. E la procedura proseguiva. Al momento del congedo erano partiti per la segreteria quattro o cinque bigliettini. Non avrei fatto a tempo ad arrivare in fondo alle scale che quei bigliettini si erano trasformati in pratiche istruite. Non certo per il potere delle mie parole. Ma perché la concretezza del sindaco aveva selezionato ciò che considerava opportunità e stringeva i tempi per le verifiche e le istruttorie necessarie.
Se non si parte da qui non si comprende appieno la fortuna di una sindacatura lunga (12 maggio 1976-19 dicembre 1986), sostenuta dalla politica trasversalmente (tra i comunisti e tra i missini, al tempo all’apposizione, c’erano consiglieri che si consideravano “tognoliani di ferro”, come ebbero a dirmi tanto Elio Quercioli quanto Alfredo Mantica) e sostenuta altrettanto trasversalmente dai cittadini.
Una sindacatura che aveva coperto anche i sette anni di Sandro Pertini al Quirinale, che riconosceva in quel sindaco tutte le virtù che il presidente attribuiva ad una città che gli era molto cara. Così da accogliere sempre volentieri le opportunità (in primis l’inaugurazione della Scala) e a sentirsi in sintonia con la sobrietà e la semplicità di un protocollo fatto di intese e memorie comuni.
Altra forza istituzionale arrivò a Tognoli dall’accompagnare per tutto il suo mandato il quadriennio di Bettino Craxi a Palazzo Chigi, compreso quel vertice europeo del 1985 che “giocato in casa” significò il successo di una politica tesa al salto di qualità nel raggiungimento dell’obiettivo del mercato interno e del dossier sulla Europa dei cittadini che mantengono tuttora quell’evento nella storia dell’integrazione europea.
Carlo Tognoli è stato molto altro. Ministro (con De Mita alle Aree Urbane e con Andreotti al Turismo e Spettacolo), eurodeputato (fino al rango di vicepresidente). Ma soprattutto con un legame ininterrotto con la storia della sua città e con la storia del socialismo riformista radicato a Milano come connotazione di una cultura politica secolare. Legame che lo ha intrecciato a una infinità di eventi e occasioni in cui la sua dedizione è stata senza risparmio, con la stessa meticolosa preparazione che fanno parte dell’etica delle persone serie e che prendono sempre sul serio ciò che è affidato alla loro responsabilità: da una grande istituzione che parla al mondo a una relazione per un piccolo convegno in una biblioteca comunale nella periferia della città.