A pagina 66 del libro-intervista “Il dilemma del re dell’Epiro” è scritto:
“Io non so vivere in un ambiente di lavoro se non riesco ad appartenere tanto alla sua tradizione quanto al suo potenziale cambiamento. Una volta – cioè qualche anno dopo quelli di cui stiamo parlando, forse il 1990 – Romano Prodi, che conoscevo dalla gioventù, grazie all’amicizia liceale con sua moglie Flavia, presentò a Bologna un mio libro, edito dal Sole 24 ore, che si intitolava “Lo stato della pubblicità di Stato” in cui , credo più amichevolmente che per tirarmi le orecchie, disse una cosa che non sta a me giudicare ma che mi risuona con qualche familiarità: “Vedete, Stefano è uno di quelli che crede a tal punto nella tradizione dell’istituzione che, se essa per caso non c’è, lui se la inventa”.
Come avevo già fatto con il nostro sistema di impresa che si giocava la reputazione all’estero, con la Rai la cui reputazione era metà del suo valore, con il Luce che separando i valori professionali da quelli ideologici aveva una grande storia, sentivo di dover contribuire a costruire la filosofia comunicativa di una grandissima storia: il quadro istituzionale della Repubblica italiana nata dalla Resistenza, disegnata dalla Costituzione, fondata sul lavoro degli italiani”.
Foto
– Con Romano Prodi, nell’Aula delle Conferenze della Camera dei Deputati (1989)
– Copertina del libro “Lo stato della pubblicità di Stato” (edito dal Sole 24 ore, 1990)
Me lo ricordo quel giorno.C’ero a Bologna.
INTENSO.