Podcast pubblicato sul magazine online Il Mondo Nuovo Versione audio: https://www.ilmondonuovo.club/maratea-2026/
Potenza – 29 agosto 2023
Questa mattina fa si è tenuta nella Sala del Consiglio provinciale di Potenza, una conferenza stampa (con il sindaco di Matera, il sindaco di Moliterno, l’ Assessore al Bilancio di Melfi) che sono stato invitato a introdurre.Tema: il lancio della candidatura “Maratea capitale della cultura italiana 2026” ( candidatura su cui le tre città lucane convergono e concorrono). L’ introduzione è stata registrata in video e in audio. Per una volta mi consentirete qui di lasciar parlare un altro (in questo caso me stesso) perché quel che qui è detto corrisponde molto al tema di questa rubrica, cioè come avviene la “rappresentazione”. Grazie molte a chi vorrà ascoltare il podcast ovvero leggere questa nota.
Nel ringraziare tutti i partecipanti a questa conferenza stampa (il presidente della Provincia di Potenza Christian Giordano che ospita questa conferenza, i sindaci di Maratea Daniele Stoppelli, di Moliterno Antonio Rubino e l’ assessore al Bilancio di Melfi Alessandro Panico) nonché il piccolo ma tenace team (coordinato da Giulia D’Argenio) che la ha organizzata, debbo dirvi prima di ogni altra cosa come non sia facilissimo avere a disposizione poco tempo, che per giunta contiene il mese di agosto, per fare una cosa che presenta qualche ardimento. Ovvero mettere insieme la candidatura di una prestigiosa piccola città italiana ad un titolo che, per un anno (differito), offre molte opportunità e – questo vale per tutti – alcuni rischi.
Opportunità chiare a tutti noi, rischi credo chiari a tutti noi.
Diciamo che non è semplice inserirsi in una competizione che riguarda anche città di grande rilievo con una “pretesa” (lo dico tra virgolette) che costa dedizione progettuale. Ma noi possiamo subito dire che nel caso di Maratea non rischiamo almeno di alzare la soglia di conflitti. Perché questa candidatura non si fonda su un principio di arroganza, ma su un reale progetto di rete e di servizio. E in un certo senso anche di innovazione del format.
Quale è la “pretesa”? Quella, come ormai alcuni sanno, di candidare Maratea ad essere “capitale italiana della cultura nel 2026”. Prima di quella data tutti i giochi sono fatti. E per quella data, fra tre anni, molti scaldano i muscoli, chi con ottime ragioni e certo anche con documentate capacità, chi magari facendosi sospingere da qualche speranza, altri da qualche velleità. Ma non siamo noi a giudicare. Anzi consideriamo bello perché plurale questo “stato nascente” delle candidature che provengono da tutta l’Italia.
Maratea ha ritenuto di valutare “opportunità e rischi” con realismo e prudenza.
Ed è attorno a questo parametro che vorremmo comunicare qui qualche riflessione.
Intanto un primo punto. L’agenda generale del 2026. Che per ora è dominata – nella difficile e competitiva arena dell’attrattività italiana, in cui si disputano molte cose (turismo, investimenti, mobilità, progetti produttivi e rigenerativi, visione del futuro, eccetera) – dallo svolgimento delle Olimpiadi invernali sull’asse Milano-Cortina. Dunque, il paradigma nord e montagna. Che poi si declina con tutte le tipologie di territori, laghi, pianure, città.
Niente da dire. Una bella coppia di contenitori, che rappresenta una quota molto interessante del brand Italia.
Così che chi mi ascolta già intuisce che – fatte naturalmente le dovute differenze per la portata degli eventi – questa ipotesi vorrebbe mettere in campo un fattore di complementarità che con tutta evidenza è rappresentato da un’altra coppia non banale nell’immaginario italiano, il paradigma sud e mare. Che parimenti noi decliniamo con le naturali connessioni delle aree interne e dei monti.
Ma c’è anche qualcosa di più.
In premessa devo dichiarare perché sono io – milanese, con storia professionale tra Roma e Milano, con dichiarate afferenze a impegni da tempo assunti con il Mezzogiorno italiano – a prendere la parola qui.
Tra le cose che faccio per scelta civile vi è da anni quella di essere presidente della Fondazione “Francesco Saverio Nitti”. Nitti era un vero statista, di grande rilievo culturale e politico, che guidò il governo italiano in mezzi a gravi marosi tra il 1919 e il 1920. Nato a Melfi in Basilicata, era diventato giovanissimo ordinario di Scienze delle Finanze a Napoli per poi diventare – restando comunque l’intellettuale e l’uomo di cultura che era – parlamentare, ministro e premier. Scelse Maratea come luogo di unità della famiglia, luogo di studi e di scrittura (soprattutto della sua magnifica trilogia sull’Europa). Oggi Villa Nitti ad Acquafredda di Maratea è parte dell’infrastruttura culturale e relazionale, dunque anche dei modi per concepire una articolazione ambientale con tracce storiche millenarie, considerata tra le belle realtà emblematiche del Mezzogiorno. Con 70 km quadrati di superficie comunale (attenzione, perimetro vasto che corrisponde a metà di quella di Milano) con tutta la fascia tirrenica della Basilicata, confinante con Campania e Calabria.

Anche per l’accennata vicenda, il sindaco della città mi ha chiesto di presiedere il comitato scientifico della candidatura. Gli sono grato. Mi scuso di non aver potuto raggiungere oggi Potenza, lo ha fatto per la Fondazione Edoardo Nitti, che ne è l’amministratore, che e’ dunque presente.
Ho condiviso alcune opinioni con figure significative del territorio e anche di ambiti culturali importanti di tutta Italia.
Candidare una città a qualcosa è oggi una rappresentazione complessa, che richiede intuizioni, contenuti, ricerca, alleanze, motivazioni, spiegazioni, convincimenti. in basta comunicare, bisogna anche progettare.
Maratea parte con il vantaggio di una dote alta di immagine, anche se rispetto ad altri potrebbe profilare qualche limite infrastrutturale (che è al centro del progetto di investimenti).
Abbiamo dunque riflettuto su questi elementi attorno a cui lavorare, proprio parlandone con molti interlocutori interessati. E ne sono nate quattro argomentazioni attorno a cui stiamo procedendo a costituire sia il Comitato istituzionale della candidatura sia il Comitato Scientifico, sia soprattutto la traccia concreta di una programmazione.
Il comitato istituzionale vede il sindaco della città, insieme a suoi colleghi di altre città del territorio regionale, insieme ad esponenti del quadro istituzionale regionale e nazionale nella condivisione ufficiale di un progetto di interesse collettivo.
Il comitato scientifico è costituito da due polmoni. Il comitato di programma fatto dalla rete dei responsabili di molti enti e soggetti creativi collocati in questi territori e in tutta Italia che sono portatori di proposte strutturate in esclusiva per il potenziale palinsesto del 2026. E il comitato di accreditamento da figure che per seniority, storia, legami culturali rappresentano un collegio adeguato a legittimare il piano delle proposte come coerente con la visione che stiamo dando.
A breve i comitati saranno definitivi. Tuttavia posso dire che i professori Luigi Mascilli Migliorini dell’ Orientale di Napoli e Giuseppe Lupo ( della Cattolica di Milano) che mi hanno dato conferma, o i professori Giampaolo D’Andrea e Nicola Cavallo, con cui siamo in interlocuzione, e poi la presidente della Fondazione Mattei Cinthia Bianconi e forse qualcun altro, dovrebbero farne parte.
Ma sono i punti di questa visione quelli che considero ora meritevoli di essere comunicati oggi.
Essi vorrebbero significare non in senso stretto il programma degli eventi, che assumerà man mano la sua centralità. Ma il senso di rappresentare un legame tra un luogo reputato e l’Italia intera grazie al principio di un programma fatto di meditati conferimenti appunto da ambiti importanti della cultura italiana penando in primo luogo alle suggestioni del suo specifico paradigma.
• Il primo punto è aprire il palinsesto del 2026 sia ai conferimenti nazionali sia quelli regionali (a cominciare da città, per esempio come Moliterno, che aveva avanzati propositi di candidatura che poi hanno scelto la convergenza con il progetto Maratea o come Melfi che rappresenta storia e attualità di diversa e viva complementarità per immaginare il racconto plurale del territorio. E altri, tra cui consorzi di scopo e altre realtà di rete che sono parte di questa dinamica.
• Il secondo punto è chiarire che per “capitale” il progetto non immagina alcuna forma di arroganza di ruolo ma i significati collaterali che i dizionari attribuiscono al vocabolo “capitale”: la capacità di ricapitolare una rete (in questo caso regionale e nazionale); l’insieme di risorse ambientali e culturali che integrano un potenziale italiano che chiamiamo “un capitale”; il rilancio produttivo connesso all’educazione e alla cultura come questione principale (dunque “questione capitale”).
• Il terzo punto è percepire – nei racconti del tempo e dell’attualità – un sentimento di familiarità nazionale attorno ad alcuni luoghi del nord, del centro, del su e delle isole in Italia che hanno un po’ perso il loro confine locale per diventare patrimonio di tutti. E cogliere che Maratea (Montanelli ne scriveva mezzo secolo fa come “luogo tra i più superbi paesaggi italiani”) è parte di questo sentimento.
• Il quarto punto è mettere in campo la risorsa dell’antica migrazione italiana che in Basilicata significa il doppio della popolazione lucana (500 mila residenti oggi rispetto a 1 milione di lucani in diaspora) in cui esistono di quarta, quinta generazione soggetti che tornano per tenere un legame e con competenze scientifiche, artistiche e culturali da rimettere in sintonia con le radici.
Matera 2019 ha dischiuso energie, trovato una grande partecipazione civile e giovanile, lavorato su molte sperimentazioni e stabilito collaborazioni nazionali di primo piano. Anche se i livelli (europeo e nazionale) hanno altre condizioni, altre dinamiche, altri volumi, dopo sette anni, questa filiera lucana che sta emergendo mi parrebbe un elemento di consolidamento e di sviluppo davvero utile alla Basilicata, davvero utile all’Italia.

Attimi prima dell’avvio della conferenza stampa al Consiglio provinciale di Potenza